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domenica 4 gennaio 2009

Cambiare gli occhi vuol dire ..... non aver paura!!

La scorsa domenica avevo scritto la mia impressione che, per vedere e capire la realtà odierna, non è sufficiente più cambiare gli occhiali, ma è necessario cambiare gli occhi.
Una amica mi chiede sul blog di domandarvi “ma che significa per voi cambiare gli occhi?” e aggiunge che per lei vuol dire “staccarsi dal vecchio modo di vedere le cose per recuperare la capacità di stupirsi e di essere "curiosi".
Sono d’accordo e aggiungerei. Per me cambiare gli occhi vuol dire non temere, avere il coraggio di lasciare i nostri tradizionali schemi di riferimento e i confortanti paradigmi mentali lasciatici dai nostri genitori, avere la forza di abbandonare le desuete mappe ormai non solo imprecise ma anche inadeguate per individuare le nuove strade, essere capaci di intraprendere invece l’insidioso ma affascinante percorso di cercare di vedere la realtà così come è e come si presenta nella sua crudezza.
Mi viene in mente l’episodio del Vangelo di Giovanni in cui i discepoli, sulla barca, si spaventano di vedere Gesù che camminando sulle acque viene loro incontro. Hanno paura perché per loro è impossibile immaginare di vedere qualcuno camminare sulle acque, i loro schemi mentali impediscono questo fatto, hanno paura di abbracciare un nuovo modo di vedere... Gesù dice loro “non temete, sono io!” quasi invitandoli ad aprire gli occhi di fronte ad una nuova realtà non afferrabile con i vecchi pensieri.
Non dobbiamo avere paura, non dobbiamo temere di cambiare i nostri occhi. Di fronte a noi si apriranno nuovi orizzonti e nuove avventure... ma forse è questo che veramente temiamo?

Aspetto le vostre risposte sul blog http://giuseppesbardella.blogspot.com

Buona settimana

6 commenti:

Berardo ha detto...

Cambiare gli occhi certamente è un'operazione importante profonda perchè coinvolge tutto l'essere, tutto il modo di vivere e di pensare. E' un'operazione che ci pone oltre il pensare comune per tentare di essere se stessi di essere autentici, di percorrere vie che spesso si fa fatica ad imboccare. Il modo di guardare agli avvenimenti ed alle cose è così impregnato di luoghi comuni, di modi di fare che si ripetono uguali nel tempo che a volte ci imprigionano e non permettono di riuscire a vedere in modo diverso! La fatica è quindi quella di andare oltre tutto quello che in qualche modo ci condiziona per poter quindi riuscire ad avere un altro modo di vedere le cose, appunto con occhi nuovi. Non è facile perchè è così forte la "corrente" che va in una certa direzione da dover faticare per andare nel senso opposto. Penso che sia comunque necessario fare questa fatica perchè poi si entra in mondo di libertà dalle cose e dagli avvenimenti. Questo mi pare sia il frutto più bello della fatica che si fa. Un altro frutto importante e che si può accedere a sentimenti importanti quali la speranza che tutto può cambiare e questo mi pare non da poco! Si può accedere inoltre ad una realtà diversa che esiste e che con occhi normali non si può certo vedere. Non significa questo estraniarsi dalla realtà ma viverla in modo diverso per quella che effettivamente è al di là dell'apparenza. Oltre che cambiare gli occhi per accedere a questo modo diverso di vedere è necessario un altro fondamentale elemento:l'Amore! E già, per cambiare gli occhi è necessario amare, è necessario non porsi al centro del vivere ma tentare di porci le persone intorno a noi.
Operazione questa altrettanto impegnativa e di non facile realizzazione appunto perchè la corrente ti porterebbe a pensare sempre e solo a se stessi, ti porterebbe a utilizzare le persone per i propri interessi, a non avere scrupoli di nessun genere per ottenere i propri interessi!
Caro Giuseppe, discorsi difficili da fare e da porre in pratica, però il fatto che se ne parli è già qualche cosa!
Grazie e buon anno su questa linea.
Berardo

Anonimo ha detto...

Caro Giuseppe
ci accomuna una strada sola: quella della fede.
Il resto è un surrogato, oppure una scorciatoia pericolosa.
Ci può confortare un pensiero di
Charles Péguy (1873-1914):
«Sperare è dolce, più dolce che credere, più dolce che sapere. La certezza ti appaga, la fede ti illumina, ma la speranza ti incanta»
Lasciamoci incantare, non saremo ne' illusi ne' delusi.
Buon anno
Pompeo

Marina R. ha detto...

Il nostro sguardo ha la capacità di trasformare il mondo che ci circonda, ed in modo duplice: i nostri occhi possono essere allenati a vedere le difficoltà e le richieste dei fratelli che incontriamo; dall'altro lato i nostri occhi possono vedere al di là della realtà che ci circonda, al di sopra delle difficoltà, oltre i limiti.

Credo che la virtù della carità passi attraverso il primo tipo di sguardo, mentre la speranza ha bisogno del secondo per esercitarlo.
E non mi sono dimenticata della fede: senza di questa, che scopo ha guardare?


E chiudo con una suggestione che mi è venuta in mente dalla settimana scorsa quando Giuseppe ha lanciato il tema: è la canzone "Un ottico", di Fabrizio De Andrè, ispirata all'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Queste sono le prime frasi:

Daltonici, presbiti, mendicanti di vista
il mercante di luce, il vostro oculista,
ora vuole soltanto clienti speciali
che non sanno che farne di occhi normali.
Non più ottico ma spacciatore di lenti
per improvvisare occhi contenti,
perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.
Seguite con me questi occhi sognare,
fuggire dall'orbita e non più ritornare.
Primo cliente:
Vedo che salgo a rubare il sole
per non avere più notti,
perché non cada in reti di tramonti,
l'ho chiuso nei miei occhi,
e chi avrà freddo
lungo il mio sguardo si dovrà scaldare.
...

Anonimo ha detto...

Grande Giuseppe... i tuoi blog sono sempre uno stimolo alla riflessione, anche in un periodo di "recupero del benessere" dopo le libagioni di fine anno. Io sinceramente credo che sia innanzitutto un problema di occhiali, intendendo con essi il "filtro" rappresentato dalle percezioni e dalle interpretazioni personali, che troppo spesso a tutti i livelli (dal privato, al professionale, alla politica internazionale) caratterizzano tutte le controversie. Forse è la mia personale "percezione" a spingermi ad interpretare tutto in tale ottica, tuttavia credo prima di tutto necessario "filtrare" ogni avvenimento, liberandoci, appunto, degli occhiali, prima ancora che degli occhi. Operazione peraltro che richiede comunque un grande sforzo del proprio essere... e chissà che perseguendo tale fine non si finisca anche per cambiare i propri occhi, no? Un abbraccio... Stefano

Anonimo ha detto...

Come vivo questo momento? se non guardo in Alto,sento paura e cresce in me la non confidenza verso l'altro, ma ogni volta che sono disponibile al dono non provo la paura ma posso sentire il calore dell'amore di Dio verso me e verso i miei prossimi. Nessuno può portarmi via qualcosa ma io posso donare qualcosa.Soprattutto acquisto energia dal sapere che siamo in alcuni, molti, tantia credere in un oggi migliore di ieri.
Laura

Sam Cardell ha detto...

Il discorso sarebbe molto lungo e l’impostarlo così è assai semplicistico.

Lo “staccarsi dal vecchio modo” di vedere implica un’esigenza correlata ad una visione apparentemente non più confacente. Ciò pone l’esigenza di ideare, prima, una via alternativa, senza la quale si va verso l’ignoto, cioè allo sbaraglio.
Sarà perché non sono curioso e perché prima di curiosare preferisco vedere le trappole che la nuova “realtà” può celare.

Che si intende per distaccarsi? Questo è il problema: distaccarsi dall’abitudinario implica pure il modificare le esigenze e necessità, perciò spesso pure l’etica e di riflesso principi e valori.
Perciò si cambia la fede nel credente e la cultura nel laico; spesso entrambe!
Ciò che gli avi ci hanno lasciato sono il loro bagaglio sapienziale di secoli vissuti, proprio come la religione, magari solo percepita e non interamente compresa.

La tua citazione evangelica si ferma all’epidermico. Infatti, Pietro, cammina pure lui sulle acque; ma poi il terrore lo assale nello sprofondare.
Si può parlare di schemi mentali preconcetti, ma non superare le leggi della fisica; la stessa cosa vale per gli schemi sapienziali.
Posso temere che il fulmine sia l’ira di Giove; però lo supero, comprendendolo, con la conoscenza dei campi elettromagnetici e della legge fisica che li regola.
Vi è una stretta connessione procedurale, quindi, tra percezione, comprensione e variazione del nostro modo di pensare e di operare!

Perciò, concludendo il mio breve pensiero, non vi può essere variazione sistematica se non è accompagnata dalla cultura della conoscenza e delle varie dimensioni temporali. Dimensioni che non sono l’unica linea della retta, in geometria traslata in tre dimensioni ruotate diversamente pur uguali, ma con le varie aggiunte che le accompagna: tempo, spazio, posizione, velocità … e convertibilità tra materia ed energia.
Ovviamente possiamo aggiungere anche la fede; perciò l’interpretare anche i “fatti” evangelici dotandoli di un significato non materiale, bensì semantico, onde non cadere nel ridicolo.
Ciò avviene in ogni “particolare” della vita: religiosa, politica, culturale e sociale.

Che significa “convertirsi”? Habsburg ci potrebbe essere di grande aiuto; ma quanti lo conoscono e lo sanno leggere?
In definitiva gli occhi e gli occhiali sono la stessa cosa: un identico modo di vedere relazionato.
Ciò che varia l’assetto dell’uomo sono: capacità, preparazione e volontà.
Non ci credete? Provate a camminare sull’acqua e … sprofonderete!

Sam Cardell