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domenica 30 agosto 2009

Ciao Mario!!

Carissimi,
interrompo i "buona settimana" sull'enciclica per rendere omaggio a Mario Carbone, padre della carissima amica Gilda, partito per l' "al di più" lunedì scorso.

Perdonami Mario, se scrivo di te, la tua naturale e caratteristica modestia ti avrebbe fatto arrabbiare, ora confido nella tua indulgenza.

Mario è stato un "gigante" della fede, della speranza, della solidarietà umana, marito e padre affettuoso ed esemplare, lavoratore indefesso e professionale, ha dimostrato con la sua vita come il seguire Gesù renda l'uomo più uomo.

Ora è nell' al di più tifa per noi insieme a tanti altri amici della sua generazione.
Ora tocca a noi e alle successive generazioni raccogliere il testimone.

Buona settimana

domenica 23 agosto 2009

Ancora dall' enciclica (carità e bene comune...)

Buona settimana a tutti

Il paragrafo 7 dell’enciclica “Caritas in veritate” è molto stimolante perché apre un nuovo campo all’esercizio della carità. Di seguito uno stralcio.

"Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall'altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città. Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni. Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d'incidenza nella pólis. È questa la via istituzionale — possiamo anche dire politica — della carità, non meno qualificata e incisiva di quanto lo sia la carità che incontra il prossimo direttamente, fuori delle mediazioni istituzionali della pólis."

Possiamo notare come questo tipo di carità (poco diffusa, in quanto la carità è soprattutto riferita comunemente al gesto verso la singola persona) apre un ampio spazio di impegno fra credenti e non credenti, per la promozione del bene comune..


martedì 18 agosto 2009

Riprogettare il modello di sviluppo

In un fondo di qualche giorno fa sul Corriere della Sera l’autorevole economista T. Padoa Schioppa metteva in risalto come l’exit strategy dalla crisi non potesse prescindere da un rallentamento delle economie dei Paesi più industrializzati e da una accelerazione di quelli emergenti.

Infatti le politiche espansionistiche messe in atto dai primi (indispensabili per sostenere la domanda durante la crisi ancora in atto) stanno provocando incrementi di disavanzo di bilancio che dovranno essere ripianati. E, a parte funambolerie finanziarie (che si pagano sempre prima o poi a caro prezzo) due sono le politiche fondamentali per risanare i bilanci: a) aumento della pressione fiscale; b) taglio della spesa pubblica.

Nessun governo futuro (di qualsiasi colore sarà) potrà prescindere da questa strettoia; la ripresa dell’economia la potrà attenuare ma non assolutamente eliminare.

Si tratterà di attuarla conciliando la necessaria stretta con la indispensabile equità della stessa, perché, seguendo quanto afferma il Premio Nobel per l’economia A. Sen “il bisogno di equità non è mai così grande come quando si stanno facendo sacrifici”.

Padoa Schioppa evidenzia anche la necessità di metter mano a ristrutturare il modello di sviluppo che non potrà più basarsi su una struttura di base “finanziarizzata” come quella prima della crisi e la cui evanescenza e vacuità ha provocato la crisi stessa.

Questa osservazione non ci può non riportare a quanto dice con forza Benedetto XVI nell’ultima enciclica sulla possibilità di vedere la crisi come “occasione di discernimento e di nuova progettualità”. Il Papa auspica una “riprogettazione globale dello sviluppo” ricordando che “il primo capitale da salvaguardare è l’uomo, la persona, nella sua integrità”.

Aggiunge il Papa che è richiesta “una nuova approfondita riflessione senso dell’economia e dei suoi fini, nonché sul revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni”.

Riguardo alla globalizzazione, spesso invocata come limite invalicabile alla messa in atto di politiche economiche innovative ed eque, il Papa ricorda che “se si legge de terministicamente la globalizzazione si perdono i criteri per valutarla ed orientarla... Occorre quindi impegnarsi incessantemente per favorire un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza, del processo di integrazione planetaria.

Riguardo a ciò che possiamo fare tutti noi il Papa ritiene che sia “necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono, e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti”.

Come uomini, come cattolici, come fautori di quel personalismo comunitario richiamato anche dal Papa, non possiamo fare a meno sia di farci profondamente interrogare da queste osservazioni che di adeguare alle stesse il nostro impegno culturale e politico.

Cari saluti.

sabato 15 agosto 2009

Buona settimana (un lavoro decente .... )

Nel paragrafo 63 della Caritas in veritate il Papa parla della “decenza” del lavoro (dove per decenza, frutto forse di una infelice traduzione, si intende “dignità” o “decoro”).

Che cosa significa la parola « decenza » applicata al lavoro? Significa un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa.

Questa della decenza del lavoro è una sfida agli imprenditori affinché la pratichino e ai lavoratori affinché lottino per conseguirla. Una sfida che impegna tutti, credenti e non, sull’unica frontiera della dignità della persona umana.

Ne vogliamo discutere sul blog http://giuseppesbardella.blogspot.com ?

Buona settimana

martedì 11 agosto 2009

Il Personalismo sfocia nell'individualismo?

Come i miei amici sanno, sono stato, sin da quando ero studente universitario e mi accinsi con fatica a leggere E. Mounier e J. Maritain, un appassionato del personalismo comunitario.
Sempre più spesso mi trovo ora mi trovo a difendere il personalismo dall'accusa che esso inevitabilmente sfocia nell'individualismo.
Non è questo il luogo più adatto, né io ho le capacità adeguate, per difendere il personalismo comunitario da questa accusa.
Mi permetto solo una considerazione e una proposta.
Innanzitutto non esiste "il personalismo" come filosofia ma esistono "i personalismi", quello comunitario francese della rivista Esprit che ha, come riferimenti principali, appunto Mounier e Maritain, quello liberale che è nato e prospera vigoroso negli Stati Uniti (vedi l'opera di M. Novak) ma che ha epigoni anche in Europa e in Italia, un personalismo cristiano, uno agnostico ecc.
Per chiarezza, quando io parlo di personalismo intendo far riferimento appunto al Personalismo comunitario.
Di qui la proposta.
Invito coloro che lo accusano di essere solo un prodromo dell'individualismo a leggere "Il Personalismo" di E. Mounier (editrice AVE). E' un testo complesso, direi "tosto" per usare un linguaggio giovanile, ma penso che vi si possano trovare tutte le risposte per chi rifiuta sia il collettivismo che l'individualismo come sistemi orientativi di una società civile umana e ricerca di nuove strade per coniugare le esigenze delle singole persone con quelle della comunità.
Buona lettura!!

sabato 8 agosto 2009

Ancora dall' enciclica (ragione e fede...)

Un’altra bella pagina dell’enciclica “Caritas in veritate” (paragr. 74):

Le scoperte scientifiche.... e le possibilità di intervento tecnico sembrano talmente avanzate da imporre la scelta tra le due razionalità: quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa nell'immanenza. Si è di fronte a un aut aut decisivo. La razionalità del fare tecnico centrato su se stesso si dimostra però irrazionale, perché comporta un rifiuto deciso del senso e del valore. Non a caso la chiusura alla trascendenza si scontra con la difficoltà a pensare come dal nulla sia scaturito l'essere e come dal caso sia nata l'intelligenza. Di fronte a questi drammatici problemi, ragione e fede si aiutano a vicenda. Solo assieme salveranno l'uomo. Attratta dal puro fare tecnico, la ragione senza la fede è destinata a perdersi nell'illusione della propria onnipotenza. La fede senza la ragione, rischia l'estraniamento dalla vita concreta delle persone”

Ne vogliamo discutere sul blog?

Buona settimana

sabato 1 agosto 2009

Iniziamo a parlare di enciclica

Carissimi,

in vacanza ho letto nuovamente, con calma, l’enciclica “Caritas in veritate”, un testo complesso, denso, ma pieno di spunti di riflessione in ogni pagina.

Dedicherò i prossimi buona settimana all’enciclica per stimolarne la lettura.

Tra le diverse chiavi di lettura che possono essere scelte per illustrarne il contenuto, sceglierò quella che parte da una bellissima intuizione di Benedetto XVI che si trova nel paragrafo 75 “oggi occorre affermare che la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica..

Mi pare che sia vero. Se non si parte da una corretta concezione della persona umana, tutti i problemi che dobbiamo affrontare e tutte le domande che ci poniamo potrebbero avere soluzioni non pienamente congruenti.

Che ne dite?

Cari saluti a tutti