Pagine

mercoledì 31 marzo 2021

Considerazioni sul post-pandemia. Tutto come prima?

                                                                             


C’è un forte desiderio da parte di tutti di aspettare con ansia la fine di questa pandemia, o almeno l’inizio di una convivenza più serena con essa, per tornare a vivere come prima.

Veramente è una aspettativa realistica? Veramente torneremo a vivere come prima?
Forse la realtà non è così semplice e dovremo chiedere a noi stessi una grande capacità di misurarci con un contesto totalmente nuovo, senza perdere di vista che comunque tale nuovo contesto dovrà continuare ad essere al servizio dell’uomo.

Tutti ci siamo piacevolmente sorpresi del breve tempo che ha impiegato la ricerca scientifica medica per trovare un vaccino efficace al Sars Covid-19. Si pronosticavamo molti anni di faticosa ricerca e invece il vaccino, o meglio, i vaccini sono stati pronti in circa un anno.
Una accelerazione imprevedibile, ma come è stata possibile questa accelerazione?
Certamente con investimenti straordinari più che altro pubblici (ma anche privati) e con l’utilizzo di una potenza elaborativa elettronica finora non concepibile.
Se mi guardo indietro rimango stupefatto dal progresso dell’umanità nel campo scientifico.
Avevo circa 7 anni, nel 1955, andavo con i miei genitori a vedere gli aerei atterrare sulla pista di Ciampino e gioivo quando avevamo la fortuna di veder atterrare uno dei pochi quadrimotori (con propulsione ad elica) invece dei normali bimotori. Venti anni dopo salivo, a Linate, per il mio primo volo, su un aereo Caravelle bireattore (oggi roba da antiquariato)!
Ma il progresso tecnologico è ancora più sorprendente se si pensa che già 5 anni prima di quel mio primo volo, nel 1969 l’uomo atterrava sulla luna. Erano trascorsi solo 14 anni fra i bimotori ad elica e il razzo capace di portare l’uomo sulla luna.
La conquista dello spazio in seguito ha rallentato e si è puntato al consolidamento della nostra presenza nello spazio vicino alla Terra, con navicelle abitate, non per l’impossibilità di andare oltre e più lontano ma soltanto perché non se ne è vista una utilità immediata.
Se ancora mi guardo indietro mi vedo, nel 1974, nel primo lavoro, armeggiare con una calcolatrice da tavolo elettromeccanica e gestire, con quella “macchinetta” le pratiche di reclami (“claim”) verso l’azienda presso la quale lavoravo (l’IBM Italia) relative all’uso del suo più grosso computer dell’epoca, il 360/20.
Solo 5 anni più tardi la calcolatrice elettromeccanica da tavolo era superata da quella digitale, in diretta concorrenza con quelle digitali tascabili, mentre i computer della linea 360 erano superati da quelli della linea 370, poi della 3090, poi ancora dela 9021 e oltre.
Oggi mi stupisco se penso che il mio smartphone ha più capacità elaborativa, nella sua dimensione tascabile, dei prima richiamati sistemi 360 e 370, grandi come degli armadi.

E che dire di Internet?
Ricordo quando fui il primo, nei servizi amministrativi IBM di Roma, ad avere un PC capace di collegarsi ad internet e rammento, con un sorriso, il mio impaccio nei primi utilizzi della “Rete”.
Oggi quasi tutti viviamo costantemente connessi via internet gli uni agli altri, viviamo, per dirla con due neologismi del filosofo Luciano Floridi, “onlife” nella “infosfera” [1].
Facciamo videochiamate e videoconferenze da casa, cerchiamo informazioni sullo smartphone, condividiamo documenti e ci lavoriamo insieme… telelavoro e didattica a distanza sono diventate modalità normali di lavoro e di studio.
E come dimenticare la inesprimibile potenza elaborativa di nostri computer in grado di gestire immensi “big data”, di profilarci sia per gruppo che individualmente, di conoscere le nostre preferenze e di farci offerte mirate di acquisto con prezzi personalizzati sulla base delle nostre capacità di spesa, come sostenuto da Stefano Quintarelli nel suo stimolante libro? [2]
E che pensare dei computer di ultima generazione, di quelli in grado di sfruttare la loro Intelligenza Artificiale per progettare, al posto dell’uomo, nuovi computer o software più potenti. Qualcuno ritiene anche che queste macchine riusciranno a sostituire l’uomo in quella che è una sua attività caratteristica, la capacità di pensare creativamente.

Bene, siete ancora convinti che, dopo la fine della pandemia, torneremo a vivere come prima?
Pensate veramente che si tornerà, come modalità usuale, a lavorare in ufficio, a far lezione e a studiare in classe, a leggere giornali e libri cartacei, a partecipare a Convegni in presenza?
Pensate veramente (e questo è molto più preoccupante) che troverete i vecchi lavori che avete lasciato durante la pandemia?

Forse siete rimasti sorpresi quando avete letto che il PIL italiano ha avuto sì una forte discesa senza, peraltro avere il tracollo che ci si aspettava.
In affetti analizzando le diverse categorie di produttori ci si accorge che alcune specialmente nei settori del turismo (albergatori, ristoratori, stazioni turistiche…), del piccolo commercio e dell’artigianato hanno subito danni ingenti, talvolta disastrosi e irrimediabili.
Le categorie che, invece, già usufruivano di significativi e moderni processi informativi (ad esempio con l’utilizzo di robot e con il ricordo massiccio al telelavoro) o che hanno accelerato la loro transizione ad una maggiore informatizzazione, hanno subito danni molto minori se non, addirittura degli aumenti di fatturato (ad esempio le aziende di e-commerce, come Amazon e le aziende medie e grandi già abbondantemente informatizzate).
Appare certo che, già adesso, ma ancor di più nel prossimo futuro, le aziende, sia grandi che piccole, sia nazionali che multinazionali continueranno ad investire massicciamente nell’informatica.

Che accadrà quando i robot sostituiranno totalmente l’uomo nelle attività manuali  ripetitive o, quando, in associazione con strumenti di Intelligenza Artificiale, saranno capaci, al posto dell’uomo, di svolgere attività manuali anche non ripetitive in quanto basate su una valutazione delle operazioni messe in atto al fine di trovare un modo più efficiente di svolgerle? Saranno, a breve, i robot in grado anche di esperire autonomamente attività quali interventi chirurgici via via sempre più complessi?
Che accadrà quando l’Intelligenza Artificiale sarà in grado di svolgere attività di mero carattere intellettuale quali l’interpretazione di un testo, magari di un contratto o di una norma di legge, o addirittura di emettere una sentenza giudiziaria, una volta acquisita la lettura dei documenti scritti e delle testimonianze orali?
Che accadrà quando sarà l’ Intelligenza Artificiale (e non un dipendente bancario) a valutare, dopo essere entrato nei dati dell’Anagrafe tributaria, di quella civile e del Casellario giudiziario, la capacità patrimoniale di un cittadino richiedente un prestito?
Non credete che tutto questo sia possibile o che non sarà possibile in breve tempo? Non è il caso di sottovalutare l’accelerazione in atto. Rivolgetevi a qualche giovane e bravo ingegnere elettronico, ad uno scienziato che indaga su queste frontiere tecniche avanguardia e resterete sorpresi dalle loro risposte e dalle aspettative sul futuro
Gli studiosi più avveduti di etica sociale stanno già studiando questi fenomeni per comprendere quale sarà il destino dell’uomo in questa realtà dominata dalla Intelligenza Artificiale. Saremo ancora in grado di poter dare un senso alla nostra vita, ma anche di poterla guidare, di essere, almeno un po’, padroni del nostro destino?

Ma anche gli economisti e i sociologi si interrogano.
Quali tipi di lavoro non potranno essere sostituiti dalle macchine?
Forse i lavori di cura (intesa anche come “care”) alle persone, svolti non solo con capacità professionale e tecnica ma anche con il necessario “sentimento” verso chi è oggetto di cura (sembra infatti che le macchine non siano in grado di provare sentimento…). Il mio pensiero va non solo ai malati, ma anche a tutte quelle persone, anziane o analfabete elettroniche, vittime del “digital divide” che dovranno essere supportate da appositi assistenti in un mondo che apparirà in gran parte loro sconosciuto.
Inoltre, se la potenza di calcolo delle macchine sarà sempre più superiore (in termini di capacità di elaborare rapidamente immense e inimmaginabili quantità di dati) a quella umana, se le capacità intellettuali dell’uomo saranno sempre più in competizione con quelle della Intelligenza Artificiale, potranno sopravvivere solo quei lavori che possono prescindere dalla potenza di calcolo e dalle capacità della Intelligenza Artificiale.
Potranno sopravvivere i filosofi, gli psicologi, i sacerdoti, i managers di alto livello, i politici, gli studiosi di etica, una parte degli insegnanti (infatti le lezioni potranno essere di massa attraverso strumenti quali gli attuali video youtube e le attività di verifica dell’apprendimento attraverso la predisposizione di domande chiuse e il controllo automatico delle risposte).
Sfido i lettori a trovare altre attività il cui contenuto possa prescindere dalla potenza di calcolo e dalle capacità della Intelligenza Artificiale. Ce ne saranno altre ma, temo, non tante.

Se il lavoro sarà sempre meno, da tale stato dei fatti scaturiscono altre domande:

1.     che farà l’uomo senza lavoro o il cui tempo sarà solo molto parzialmente assorbito dal lavoro?

2.     come impiegherà il tempo senza lavoro?

3.     come guadagnerà e, di conseguenza, come potrà spendere e acquisirsi il necessario per vivere? ovvero, come potrà essere sostenuto una economia a fronte di una domanda di beni potenzialmente molto scarsa?

4.     come saranno le relazioni personali (amicizia, amore, famiglia)? Più solide? Più evanescenti?

5.     che significato avrà la possibilità di avere profitti quasi illimitati per aziende che non utilizzeranno risorse umane ma solo robotiche e piattaforme informatiche (immaginatevi una potenziale like-Amazon che utilizzi programmi su internet per acquisire ordini, robot per ricercare i beni, droni per portarli a destinazione e ancora programmi su internet per fatturare e incassare automaticamente)?

Basteranno e saranno veramente efficaci provvedimenti come:

a)     una massiccia riduzione dell’orario di lavoro, in modo da permettere a tutti (o quasi) di lavorare;

b)    la elargizione di un reddito universale di base per permettere, da una parte, alle persone di vivere una vita dignitosa e, dall’altra parte, per sostenere la domanda globale e permettere alle industrie di produrre e vendere beni e servizi;

c)     vaste campagne di preparazione e di attuazione di attività generali di intrattenimento (sport, cultura, relazioni personali, dimensione religiosa) coordinate e svolte da personale esperto e capace di motivare?

Non ho risposte se non abbondantemente balbettanti… Non riesco altresì ad aggiungere altro. Mi preoccupa, un po’ mi spaventa, quello che ho scritto ma rimane tutto molto realistico a breve termine.
Non sarà che questa pandemia possa servirci a prendere atto di una realtà che ci chiederà una grande dose di resilienza e la serenità per affrontare anche difficili cambiamenti nello stile di vita?

 

Roma 31/03/2021                                                                Giuseppe Sbardella



[1] L. Floridi – “Il verde e il blue” – 2020 – Raffaele Cortina editore

[2] S. Quintarelli – Capitalismo immateriale – 2019 – Bollati Boringhieri