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lunedì 28 maggio 2018

La via dell'autarchia e la via dell'Europa

Non comprendo lo stupore di molti nell'accorgersi che il potere dei mercati finanziari internazionali è uguale (se non superiore) a quello dei Parlamenti liberamente eletti.
Ma dove siete stati dal 1990 ad oggi, su Marte?
Dopo la caduta dei muri fisici ancora più importante è stata la caduta dei muri delle frontiere della sovranità fiscale.
Ormai basta un click per spostare enormi capitali o settori aziendali da un Paese all'altro (e c'è chi vaneggia ancora di imposte patrimoniali che colpirebbero solo risparmiatori sprovveduti).
Si può riconquistare la sovranità fiscale e finanziaria?
Certo che si può, seguendo due strade alternative.
La prima è la chiusura del mercati nazionali e delle frontiere nonché un ferreo controllo sulle comunicazioni (internet incluso) e sullo spostamento delle persone con tutto ciò che comporta sul piano della libertà personale.
Questo vorrebbe dire mettere in atto una politica autarchica (non nuova per l'Italia (qualcuno ha forse studiato la "battaglia del grano" o il dono delle "fedi alla Patria"?).
E' una strada percorribile ma ci estraneeremmo dai mercati internazionali e dovremmo rivedere il nostro stile di vita (chiaramente limitando i consumi). Siamo pronti a questo?
Per inciso, a parte la nostra esperienza nel ventennio, non vi sono esempi di successo di una politica autarchica, condotta da un Paese povero. Anche la Russia sovietica ha resistito per anni (a prezzo della libertà e di povertà interna) per conservare una politica autarchica e cercare di essere una grande potenza. Sappiamo come è finita.
L'alternativa all'autarchia è più lunga ma ha il pregio di causare meno danni.
Se il potere economico e finanziario è globale, occorre bilanciarlo con un potere politico democratico globale.
Nessuna nazione può farcela individualmente, occorre portare avanti disegni di aggregazioni sovranazionali su basi almeno continentali e riconquistare, a livello superiore, quella sovranità persa a livello nazionale.
L'Italia non può fare a meno dell'Europa, se non percorrendo la linea aurtarchica.
Certo dovremo impegnarci e stringere le necessarie alleanze (Francia, Spagna?) per far sì che l'Europa non sia solo una grande Germania. Dovremmo far comprendere agli altri che non sempre è possibile attuare una politica di austerità,ma saremmo in grado di farlo comprendere solo se riusciremo a porre in atto una seria riforma della P.A. (con al centro l'efficienza e la meritocrazia), della scuola (con al centro l'autorità dei docenti e ancora la meritocrazia), nonché lotta decisa al malaffare, alla corruzione, al clientelarismo e alla malavita organizzata.
Ma forse sto sognando...

mercoledì 16 maggio 2018

Semplicità, non semplicismo


Qualche volta qualcuno mi accusa palesemente, o pensa dentro di sé, che io sia elitario e intellettuale.
Chi mi conosce bene di persona sa che non sono così, generalmente sono molto alla mano, allegro e semplice.
Vi voglio raccontare una esperienza.
Il Giubileo del 2000, in particolare il cammino di conversione spirituale, non lo feci a Roma (troppo facile...) ma andai a farlo ad Assisi da solo (ancora ero celibe) con una vacanza di meditazione di 4 giorni.
Mi ricordo che il tema che mi venne all'attenzione, specialmente meditando sulla esperienza di S. Francesco, fu quello della semplicità.
Lasciai Assisi e tornai a Roma con l'impegno personale ad essere più semplice e a comunicare con gli altri nel modo più semplice possibile.
Semplicità vuol dire spiegare i propri concetti (o riformulare quelli di altri) usando parole comuni, frasi brevi, chiedendo riscontro di essere stati ben capiti.
Trascurare i dettagli, utilizzare spesso esempi, impiegare slogan riassuntivi, ricorrere ad analisi approssimative non è invece semplicità, è semplicismo.
Purtroppo siamo in un contesto dove il semplicismo è dominante, si evita la fatica di cercare informazioni, di trovare riscontri, di approfondire gli argomenti perché ciò che conta è fare le cose velocemente e riuscire a parlare o, peggio, a decidere, prima degli altri.
In un contesto, in un mondo, nel quale i problemi sono sempre più globali e complessi, il semplicismo è devastante perché, alla lunga (ma neppure tanto..) si ritorce contro chi lo impiega e contro chi ascolta chi lo impiega.
Luigi Einaudi intitolo una sua “predica inutile” “Conoscere per deliberare”.
Sarebbe importante che noi tutti, giovani, adulti, anziani ci ricordassimo sempre questa esigenza di accomunare la compiutezza e profondità dell'analisi, con la semplicità della esposizione.
E stiamo molto attenti a quelli che usano intenzionalmente il semplicismo per manipolare le nostre menti e, in ultima analisi, la nostra libertà.