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venerdì 30 gennaio 2009

La Chiesa che io amo


La Chiesa che io amo

Io amo profondamente la Chiesa.

Io amo la Chiesa che non crede di possedere la verità ma, piuttosto, di essere posseduta dalla Verità; perché la Verità (Cristo) è più estesa della Chiesa.

Io amo la Chiesa che con i Sacramenti mi somministra gli strumenti della Grazia per contribuirmi a santificarmi.

Io amo la Chiesa quando parla alle coscienze degli uomini presentando Cristo Via,Verità,Vita.

Io amo la Chiesa composta da un Popolo di persone chiamate da Dio ad amarLo e ad amarsi l'un l'altro.

Io amo la Chiesa in cui il Papa è "servus servorum Dei".

Io amo la Chiesa che è fatta anche di peccatori, per cui è e si riconosce continuamente "reformanda"

Io amo la Chiesa che celebra il Memoriale di Cristo nella Eucarestia e che nella liturgia trova il culmine e la fonte di ogni altra attività.

Io amo la Chiesa quando proclama i diritti naturali dei popoli e dei singoli lasciando all'autonomia delle istituzioni civili i programmi rivolti alla loro effettiva tutela.

Io amo la Chiesa dei martiri e di tutti coloro che si sacrificano per il bene dei fratelli.

Io amo la Chiesa delle persone comuni che camminano, con modestia e costanza, nella loro vocazione offrendo la loro esistenza a Cristo come completamento della Sua opera di Redenzione.

Io amo la Chiesa che è sempre "bambina" ("se non vi farete piccoli....) ma che esalta e attualizza la vera Tradizione apostolica, non false ed antiche tradizioni.

Io amo la Chiesa che crede più nella forza dello Spirito e della Parola che in quella dei favori dei potenti.

Io amo coloro che amano una Chiesa sicura e potente anche se lotto affinché non sia come loro la vogliono.

Io amo la Chiesa che accoglie tutti ma che mette al primo posto il povero e il pubblicano.

Io amo la Chiesa che è vicina ai ricchi nella misura in cui utilizzano le loro ricchezze per il bene comune

Io amo la Chiesa anche quando non la capisco e non posso seguirla in coscienza.

Io amo la Chiesa che crede nel Natale e che pertanto ha fiducia dell'uomo almeno quanta ne ha avuta il Verbo che si è incarnato.

Io amo la Chiesa che mi parla di speranza e non di fine del mondo, e che crede che la Grazia di Dio è sovrabbondante rispetto alla forza negativa del peccato originale.

Io prego Dio che mi continui a farmi amare sempre più la Chiesa perché‚ è solo in essa che posso continuamente rinnovare e realizzare pienamente la mia persona e la mia vocazione.

giovedì 22 gennaio 2009

Primato del pensiero e del dialogo

Sono sempre più infastidito dal crescente spirito di polemica fra cattolici e laici, cristiani e fedeli di  altre religioni, credenti e atei. E non mi sembra che la responsabilità sia sempre dei secondi...

Mi ha fatto piacere leggere nel libro del Card. Martini "Conversazioni notturne a Gerusalemme" le seguenti parole: "Mi angustiano, invece, le persone che non pensano, che sono in balia degli eventi. Vorrei individui pensanti. Questo è l'importante. Soltanto allora si porrà la questione se siano credenti i non credenti. Chi riflette sarà guidato nel suo cammino. Ho fiducia in questo."

E ancora: "...se ricordiamo il mandato fondante di Gesù -andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni-, questo ci obbliga ad avviare un dialogo con tutti, a donare a tutti la nostra amicizia ed a cercare la collaborazione di tutti. Se non si allacciano e non si coltivano questi rapporti umani, è impensabile che la Chiesa riesca a portare al mondo i suoi valori e il Vangelo. Un cristiano si distingue proprio perché entra senza timore in contatto con coloro che la pensano diversamente e che hanno un'altra fede, con chi si pone domande ed è in cerca di qualcosa."

Quanta differenza dai giudizi perentori di tanti altri fedeli clericali anche in alta sede.
Per fortuna ci sono tante persone come il Card. Martini!!

Buona settimana    

domenica 18 gennaio 2009

Buona settimana (volare alto.....)

Cambiare gli occhi, aprire le proprie visuali, cambiare prospettive per vedere la realtà con occhi nuovi...

Avete mai provato la bella sensazione di salire (magari a piedi!!) su una montagna e vedere cose che più in basso non si riuscivano a vedere?

Lo stesso accade nella vita. Se ci stacchiamo dal vissuto momento per momento, dalle emozioni che ci bloccano e ci accecano, se ci alziamo in alto a vedere più in là del nostro naso, se la smettiamo di badare solo a nostri interessi a breve termine e ci curiamo non solo di quelli nostri a breve termine, ma anche di quelli degli altri e del bene comune, ci accorgeremo che si aprono, come d’incanto, nuove vie, nuove soluzioni ai problemi...

L’importante è non incancrenirsi nella gabbia del “tornaconto solo mio e solo subito” e volare alto. Avremo un tornaconto maggiore tutti quanti!!

venerdì 16 gennaio 2009

So & So (ne parla il Card. Tettamanzi)

Vi suggerisco di aprire questo link http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5479&ID_sezione=&sezione= dove potrete trovare un interessante articolo del Card. Tettamanzi sulla attuale situazione sociale e sulla necessità di un atteggiamento improntato alle virtù della sobrietà e della solidarietà.

Ciao a tutti

mercoledì 14 gennaio 2009

Sistema elettorale e tipo di sviluppo economico

Appunti su proporzionalismo elettorale e sviluppo economico.

Il moderno sviluppo economico appare caratterizzato dalla produzione di massa di beni materiali in un mondo in cui il mercato è globale e i  confini nazionali risultano sempre più evanescenti se non addirittura inesistenti.
La concorrenza fra imprese non si gioca più a livello di singolo Paese ma a livello globale e la concorrenza non esige più solo l’efficienza e la produttività delle singole aziende ma anche quella dei sistemi politici ed economici nazionali.
Sulla base di questi presupposti e coerentemente con essi sembrerebbe possibile affermare che i meccanismi costituzionali e politici di elaborazione, formazione e gestione dei processi decisionali pubblici dovrebbero sempre più adeguarsi a criteri di efficienza e di rapidità per poter sostenere appropriatamente lo sviluppo economico dei singoli Paesi.
Non è un caso l’affermarsi, sempre più prepotente, nei Paesi europei di sistemi elettorali che premiano la stabilità governativa mediante ricorso a meccanismo maggioritari o uninominali o locali (sbarramenti, premi di maggioranza, metodo uninominali secco, configurazione dei collegi elettorali ecc.).
Non è un caso che il sistema proporzionale secco non ha avuto grande rilievo negli ultimi decenni, proprio perché ha sicuramente la capacità di fotografare il Paese ma danneggia la sua capacità di processi decisionali rapidi ed efficienti.
Ne deriva la necessità di compensare con l’accrescimento dei diritti di liberta e civili, sia a livello individuale che collettivo) le perdite in termini di partecipazione dovute al progressivo abbandono dei sistemo proporzionali
Questa tesi da me sostenuta con vigore è stata sempre combattuta dalla grande maggioranza dei miei amici italiani dell’area politica di Centro.
Pur continuando a difendere questa tesi, mi sono chiesto se la stessa non necessitasse di un ulteriore approfondimento.
E’ vero che la sostenibilità della concorrenza industriale ed uno sviluppo economico adeguato in un mondo globale presuppongono la necessità di un sistema politico-costituzionale-elettorale più sbilanciato sul lato decisionistico che su quello partecipativo.
Ma è anche vero che questo tipo di produzione e di sviluppo sia il migliore sotto il punto di vista della crescita integrale di ogni uomo e di tutti gli uomini?
La crescita della forbice fra popoli e Paesi ricchi e poveri, l’aumento di fenomeni di dissoluzione a livello individuale (suicidi, depressioni ecc.)  e collettivo (forte calo della tensione etica generale,  aumento dei crimini ecc.), il degrado ambientale, non ultima la attuale crisi economica e finanziaria (nata proprio da una sovraesposizione dei meccanismi dell’attuale tipo di sviluppo), suscitano più di un dubbio.
Non è che magari l’attuale modello di sviluppo e i conseguenti stili di vita hanno qualche alternativa più valida?
Non è che puntare all’aumento del possesso dei beni relazionali (famiglia, amicizia, sostegno comunitario, partecipazione di massa a progetti sociali, beni pubblici) crea maggiore felicità del possesso di beni solo materiali, una volta superata la soglia di una certa agiatezza?
Non è che rallentare il ritmo della nostra vita ci permette di portarla avanti con una maggiore serenità e con una attenzione più adeguata ai bisogni e interessi personali e di chi ci sta incontro?
Non è che i buoni rapporti con i familiari e belle rete di amici e di conoscenti valgono di più del possesso dell’ultimo cellulare o televisore a schermo piatto o dell’ “automobilina” per i figli?
Se le risposte a queste domande sono positive (e nel mio caso lo sono), mi sembra che se ne debbano dedurne della conseguenze anche a livello strutturale politico.
Diventa non più essenziale reggere la concorrenza economica degli altri Paesi in quanto si potrebbe accettare una riqualificazione dello stile di vita in funzione di una revisione degli obiettivi, dei meccanismi finanziari di sostegno, e delle strutture economiche locali e nazionali.
C’ è ampio materiale, in sede di letteratura economica, su temi quali la decrescita, la felicità, lo sviluppo sostenibile che meriterebbe di essere riletto con altri occhi e, soprattutto, applicato con coerenza, nel caso che si decidesse di cambiare prospettiva generale sul tipo di sviluppo economico e di stile di vita desiderato.
Sembrerebbe a questo punto ridursi di molto la suaccennata esigenza di efficienza e di produttività del sistema politico-costituzionale ribilanciandolo con l’esigenza di dare maggiore spazio ai bisogni espressi ed alle variegate necessità delle varie porzioni, sociali e territoriali, di popolazione. In questa prospettiva appare logica una rivalutazione del sistema elettorale proporzionale come il più adatto a soddisfare queste necessità. L’importante è che si prenda pienamente coscienza delle conseguenze economiche e sociali.

Mi piacerebbe proprio leggere altri commenti su questo tema appena accennato e che meriterebbe ben altri approfondimenti.

sabato 10 gennaio 2009

Cambiare gli occhi..... (un esempio)

Da alcuni commenti ricevuti sul blog, mi sono reso conto di non essere stato chiaro nell’esporre il senso vero della mia frase “occorre cambiare non solo occhiali, ma anche occhi”. E allora ricorro ad un esempio che spero sia utile.

Gli occhiali per vedere la realtà umana e sociale si possono paragonare alle mappe stradali e geografiche che generalmente utilizziamo per muoverci. Man mano che vengono costruite nuovi paesi e nuove strade, compriamo nuove mappe aggiornata.

Arriva però un momento che la realtà geografica e civile diventa talmente complessa e difficile (estensione dei viaggi, inserimento di percorsi obbligati, ecc.) che prendiamo coscienza che non riusciamo più a seguire l’evoluzione con delle mappe ma che occorre cambiare; magari usare qualche sito internet specifico o comprare un navigatore satellitare, entrare cioè in un’altra dimensione per riuscire a raggiungere lo stesso obiettivo che prima conseguivamo usando le mappe.

Questa presa di coscienza che occorre cambiare, questa decisione di guardarsi intorno, guardare gli altri, andare oltre il vecchio schema (cambiare solo le mappe) vuol dire a mio parere “cambiare gli occhi”.

E’ un esempio e come tutti gli esempi ha un valore limitato. Qualcuno ne ha di più calzanti?

Aspetto commenti sul blog http://giuseppesbardella.blogspot.com

Buona settimana   

domenica 4 gennaio 2009

Cambiare gli occhi vuol dire ..... non aver paura!!

La scorsa domenica avevo scritto la mia impressione che, per vedere e capire la realtà odierna, non è sufficiente più cambiare gli occhiali, ma è necessario cambiare gli occhi.
Una amica mi chiede sul blog di domandarvi “ma che significa per voi cambiare gli occhi?” e aggiunge che per lei vuol dire “staccarsi dal vecchio modo di vedere le cose per recuperare la capacità di stupirsi e di essere "curiosi".
Sono d’accordo e aggiungerei. Per me cambiare gli occhi vuol dire non temere, avere il coraggio di lasciare i nostri tradizionali schemi di riferimento e i confortanti paradigmi mentali lasciatici dai nostri genitori, avere la forza di abbandonare le desuete mappe ormai non solo imprecise ma anche inadeguate per individuare le nuove strade, essere capaci di intraprendere invece l’insidioso ma affascinante percorso di cercare di vedere la realtà così come è e come si presenta nella sua crudezza.
Mi viene in mente l’episodio del Vangelo di Giovanni in cui i discepoli, sulla barca, si spaventano di vedere Gesù che camminando sulle acque viene loro incontro. Hanno paura perché per loro è impossibile immaginare di vedere qualcuno camminare sulle acque, i loro schemi mentali impediscono questo fatto, hanno paura di abbracciare un nuovo modo di vedere... Gesù dice loro “non temete, sono io!” quasi invitandoli ad aprire gli occhi di fronte ad una nuova realtà non afferrabile con i vecchi pensieri.
Non dobbiamo avere paura, non dobbiamo temere di cambiare i nostri occhi. Di fronte a noi si apriranno nuovi orizzonti e nuove avventure... ma forse è questo che veramente temiamo?

Aspetto le vostre risposte sul blog http://giuseppesbardella.blogspot.com

Buona settimana