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sabato 29 settembre 2018

La debolezza della democrazia italiana

La democrazia italiana è debole in quanto ha una società civile resa incolta, ignorante e semplicista:
  1. da una politica scolastica che, da circa 50 anni, ha abbassato pesantemente e progressivamente i livelli di istruzione per trasformarla in un immenso e facile promuovificio;
  2. da una politica industriale mediatica che, da circa 25 anni, ha annebbiato e indebolito la mente e la memoria degli italiani.
Il tali condizioni la grande maggioranza del popolo (o forse è più esatto dire "della gente) pretende dalle elite politiche dei programmi socio economici che diano, in maniera indolore e semplice, senza alcun sacrificio, benefici nel breve termine trascurando completamente le conseguenze negative nel medio - lungo termine.
Dall'altra parte le elite politiche sanno bene che potranno essere rielette solo se accondiscenderanno a queste richieste della gente.
E allora come uscirne?
Dovrebbero essere implementate una politica scolastica e una politica mediatica capaci di ricostruire una scuola e una struttura mediatica in grado di formare ed informare correttamente i cittadini.
Questa soluzione andrebbe però subito incontro a due inconvenienti:
  • dovrebbe necessariamente (se svolta secondo le regole democratiche) essere lenta e graduale, senza però, in questa maniera, poter accorciare le distanze dagli altri Paesi che, in un mondo globale e competitivo, stanno avanti a noi e corrono più di noi;
  • richiederebbe alla gente sacrifici (in tema di maggior impegno nello studio, di maggiore attenzione nel leggere o vedere i media, anche forse di maggiore sobrietà nei consumi) tali da rendere impraticabili queste politiche che sarebbero subito respinte elettoralmente.
E allora torna la domanda, come uscirne?
Con uno choc istituzionale? 

martedì 11 settembre 2018

Se vuoi arrivare primo vai avanti da solo, se vuoi andare lontano vai avanti in gruppo. E’ proprio vero?


Un vecchio proverbio africano recita: “Se vuoi arrivare primo vai avanti da solo, se vuoi andare lontano  vai avanti in gruppo”.
Sembra vero, ma forse, approfondendo, emergono alcune perplessità.
Se si procede tenendo insieme tutti, il gruppo inevitabilmente procederà al passo delle persone più lente. Ogni eventuale, anche minima, accelerazione farà perdere contatto alla persone che sono in coda e non riescono a reggere più il ritmo.
L’andare tutti  insieme presuppone un passo più lento di chi procede da solo o con un piccolo gruppo.
Se l’obiettivo del cammino è solo il cammino per se stesso, non sorge nessun problema.
Se invece l’obiettivo del cammino è far progredire il gruppo, facendogli raggiungere nuove posizioni, ruoli, o risorse materiali o immateriali (comprese quelle spirituali…) le cose si complicano.
Non sempre è vero che queste posizioni, ruoli, risorse siano in numero illimitato, anzi il più delle volte sono in numero limitato e sono appannaggio dei singoli (o dei gruppi) più veloci.
Basta pensare a quello che avviene nel mondo globale di oggi, laddove l’economia pone in competizione fra di loro non singoli gruppi ma interi Paesi .
I Paesi più efficienti e veloci (e per Paese intendo l’insieme collettivo  congiunto della società civile e della classe politica ed economica) riescono ad acquisire le posizioni migliori e le risorse maggiori a scapito dei Paesi più lenti che rimangono dietro. Non solo se questi Paesi insistono nel voler far viaggiare alla stessa velocità tutti i cittadini, resteranno sempre indietro.
Se infatti paragoniamo i Paesi più veloci a un gruppo di cavalli e quelli più lenti a un gruppo di cani non possiamo non notare che, più lunga è la corsa più, inevitabilmente, si amplia la distanza fra i due gruppi concorrenti.
Questo vuol dire che un Paese il quale abbia al suo interno vaste aree di arretratezza culturale, se non vuole lasciare al loro destino ampie fasce di popolazione e vuole invece praticare politiche di inclusione sociale, è destinato ad un declino più o meno rapido?
Forse no!
Forse la soluzione potrebbe consistere nel formare piccole avanguardie più veloci con un duplice compito: a) da una parte correre in competizione con gli altri Paesi per raggiungere le posizioni migliori e acquisire maggiori risorse; b) dall’altre tracciare la strada per rendere più facile e più veloce il cammino della più ampia retroguardia.
Che ne dite? Esistono alternative più valide?