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domenica 29 marzo 2020

Fuoco e fumo...

Il paragrafo 140 degli Esercizi spirituali di S. Ignazio recita espressamente: "Il primo punto è immaginare il capo di tutti i nemici come se sedesse in una cattedra di di fuoco e di fumo, con aspetto orribile e spaventoso, in quel grande campo di Babilonia".
Leggendo il libro di Carlo Maria Martini "Mettere ordine nella propria vita" mi ha colpito come lui utilizzasse questo versetto per mettere in evidenza come si muove la forza del male in ogni tempo.
Il fuoco e il fumo sono interpretati come la capacità di manipolare la volontà e la coscienza delle persona con slogan, frasi ad effetto, false informazioni.
L'aspetto orribile e spaventoso indica la capacità di incutere paura, una paura che non libera l'uomo, non lo scioglie dai propri condizionamenti, porta egoismo.
Il campo di Babilonia richiama la città sempre simbolo nella Bibbia di lussuria, ricchezza usata male, contrasti, confusione etica...
C'è veramente di che pensare.

Roma 29/03/2020

lunedì 16 marzo 2020

Ma il telelavoro è solo un bene?


L’ORARIO DI LAVORO.
OPPORTUNITÀ E RISCHI DEL TELELAVORO.

Negli anni ’70 e ’80 si usciva dall’ufficio usualmente alle 17,30 o 18, talvolta su base eccezionale in ore più tarde, ma generalmente si tendeva a rispettare, sia a livello impiegatizio che manageriale l’orario di lavoro di 40 ore settimanali (con esclusione assoluta del sabato e della domenica).
La fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90 hanno contrassegnato quello che può essere considerato il tramonto dell’orario di lavoro standard e la invadenza sempre maggiore del lavoro sugli altri aspetti della vita.
La caduta del comunismo reale, una certa difficoltà (ammettiamolo) e lentezza della Chiesa nel capire la situazione nuova che si stava creando, hanno originato un vuoto prontamente riempito dal capitalismo più sfrenato e dai suoi valori di riferimento (il mercato come unico, o perlomeno principale, regolatore dell’economia, la massimizzazione del profitto come motore delle aziende e dei guadagni in borsa, il successo personale identificato solamente con il successo finanziario).
In questo contesto culturale, con tutti a correre per essere più ricchi, per essere alla moda, per fare le vacanze più reclamizzate,per dare ai figli vestiti e regali griffati, era logico che il lavoro surclassasse tutti gli altri ambiti dell’esistenza (famiglia,amicizia, tempo libero, interessi personali, volontariato).
Dagli anni ’90 in poi l’orario di lavoro, seppure ha continuato formalmente ad essere definito contrattualmente, ha vieppiù perso ogni valore.
Nell’attuale periodo storico, i rapporti fra lavoro e famiglia stanno ormai assumendo una valenza e un significato particolare, anche alla luce dei cambiamenti nello svolgimento dell’attività economica.
Oggi, in un contesto economico globale in cui l’obiettivo preminente, se non esclusivo, delle aziende è la massimizzazione del profitto, le stesse, spinte da una concorrenza sempre più globale e aggressiva, puntano a raggiungere il suddetto obiettivo con un incremento ossessivo della produttività.
Di qui le caratteristiche di un lavoro che a) è svolto in una maniera sempre più rapida; b) diventa sempre più complesso a fronte della continua evoluzione tecnologica; c) occupa sempre più spazio nei tempi prima dedicati al riposo, alla famiglia, alle amicizie, agli interesse personali.
Ormai sempre più, nelle aziende private (ma il fenomeno comincia a estendersi anche a quelle pubbliche) sono stati violati spazi prima dedicati esclusivamente alla famiglia e ai rapporti
personali interpersonali. Esempi ricorrenti sono:
1. gli intervalli di mensa, o saltati, o impiegati in riunioni di lavoro o di formazione professionale (i training lunch);
2. le ore serali (dopo le 19,00) sempre più impiegate per riunioni di lavoro (anche con l’uso di videoconferenze);
3. le ore notturne, durante le quali quale sempre più spesso si deve svolgere attività lavorativa per il giorno seguente;
4. i giorni festivi (con particolare riferimento alla domenica) e le ferie, nei quali si lavora lo stesso per rispondere alle pressanti esigenze della odierna attività economica.
Ovviamente il lavoro, nelle ore serali o notturne, nei giorni festivi o durante le ferie “ruba” sicuramente tempo alla famiglia.
Può essere il telelavoro, modalità di lavoro che riporta il lavoratore in famiglia, una soluzione a questo problema?
Intendiamo qui per telelavoro quella modalità che permette al lavoratore mediante l’uso di nuovi strumenti tecnologici (essenzialmente il Personal Computer portatile e il telefono mobile aziendale) di sganciarsi dalla necessità del luogo di lavoro e della scrivania e di potersi portare appresso il lavoro (presso i clienti ma, soprattutto a casa, in famiglia).
Certamente il telelavoro comporta benefici effetti.
Sicuramente per le aziende che, approfittando di questa flessibilità, possono, oltre che risparmiare sui costi logistici (prezzi di acquisto da ammortizzare o canoni di affitto di spazi per il luoghi di lavoro), aumentare di fatto l’orario di lavoro e incrementare conseguentemente la produttività.
Benefici ne trae la comunità civile, in termini di riduzione di traffico e di diminuzione di inquinamento atmosferico.
Anche la famiglia ne trae sicuri benefici, dato il maggior tempo che, teoricamente, il lavoratore può dedicarle.
È proprio tutto vero, così facile?
Vediamo gli aspetti negativi per il lavoratore.
Innanzitutto un aumento dei costi familiari causato dalla necessità di dedicare, seppur parzialmente, uno spazio della propria abitazione ad attività lavorative (uno spazio che deve essere riservato, per permettere al lavoratore di dedicarsi alla propria attività senza essere “disturbato” dai propri familiari).
In secondo luogo, aumenta l’inquinamento casalingo dovuto alle radiazioni provenienti dal macchinario (PC o cellulare) radiazioni che vanno ad impattare anche gli altri componenti della comunità familiare (in primis i più piccoli).
In terzo luogo il lavoratore rischia di perdere o diminuire la propria professionalità, non tanto per la carenza di corsi professionali (ormai l’attività di formazione è sempre più via telematica in, come si dice, E-learning), quanto per quel knowhow e incremento del bagaglio culturale fatto di nozioni, piccole talvolta ma fondamentali, che si acquisiscono attraverso il continuo contatto quotidiano fisico con i colleghi.
Infine la necessità di tener fermo un lasso di tempo dedicato alla famiglia non costringerà il lavoratore ad aumentare sempre più le ore di lavoro notturno?
Tuttavia, forse, oltre a questi inconvenienti da considerare nella valutazione del telelavoro e dei suoi impatti sulla vita familiare, c’è un altro fondamentale aspetto da tenere presente.
Durante il tempo trascorso a casa, per merito del telelavoro, il lavoratore “stacca” veramente, è personalmente presente in famiglia, pronto all’ascolto dei propri familiari, o la sua è solo una presenza fisica mentre la mente rincorre i problemi del lavoro ed è, totalmente o parzialmente assorbita dagli stessi?
La cultura dominane non aiuta, portata come è a ribadire l’importanza di valori come il successo sociale, il potere, la ricchezza, in una parola l’“avere” di fronte ad altri valori quali la famiglia, l’amicizia, il donarsi agli altri, il senso della legalità, in un’altra parola l’essere.
Illuminante è sotto questa luce l’episodio di Marta e Maria del Vangelo di san Luca (Lc 10, 38-42).
Da una parte Marta è assorbita, tutta presa, affannata dal servizio. Unico suo obiettivo è fare le cose per bene e presto (in termini aziendali si potrebbe parlare di aumentare l’efficienza e la produttività).
Dall’altra parte c’è Maria unicamente presa dall’ascolto di Gesù. Unico suo obiettivo è la creazione e il mantenimento di un sano rapporto interpersonale di amicizia.
Gesù dice: «Maria ha scelto la parte migliore».
Con queste parole Gesù non intende condannare il lavoro, Lui stesso ha invitato a “trafficare” i propri talenti, ha svolto il suo lavoro di carpentiere, i suoi apostoli e discepoli hanno lavorato (scrive san Paolo: ”chi non lavora neppure mangi”).
 Nel disegno divino di redenzione attraverso la fatica del lavoro l’uomo contribuisce, seppure in una forma particolare, all’opera redentiva di Gesù. La professionalità ci permette di dare ai nostri fratelli il meglio di noi stessi come lavoratori, è un piacere e un obbligo, non una colpa.
Gesù con le parole «Maria ha scelto la parte migliore» condanna il lavoro nella misura in cui il lavoro stesso assorbe la totalità, o quasi, dell’esistenza di una persona, diventa un idolo a cui sottomettere tutte le altre dimensioni.
La “parte migliore” il primato va, deve andare, al rapporto personale, che si manifesta e si costruisce principalmente nell’ambito familiare, per poi estendersi nell’amicizia, nei rapporti con i colleghi, negli ambienti che frequentiamo laddove coltiviamo gli interessi personali.
Peraltro non riusciremo a seguire la “parte migliore”, a dare il primato all’essere anziché all’aver o al fare, se non ci ricorderemo dell’“unica cosa necessaria”, il rapporto personale con Gesù nella preghiera, nella meditazione, nell’Eucaristia almeno domenicale, nel fare quotidianamente la volontà del Padre.
Tornando alla domanda sull’utilità del telelavoro come modalità di lavoro utile ai fini di una maggiore armonia familiare, possiamo allora rispondere che solo persone umanamente
formate a comportamenti basati su una corretta gerarchia dei valori sapranno utilizzare il telelavoro
conciliando l’incremento della propria produttività ed efficienza con una presenza viva ed efficace nella famiglia.