Un vecchio proverbio africano
recita: “Se vuoi arrivare primo vai avanti da solo, se vuoi andare
lontano vai avanti in gruppo”.
Sembra vero, ma forse,
approfondendo, emergono alcune perplessità.
Se si procede tenendo insieme
tutti, il gruppo inevitabilmente procederà al passo delle persone più lente.
Ogni eventuale, anche minima, accelerazione farà perdere contatto alla persone
che sono in coda e non riescono a reggere più il ritmo.
L’andare tutti insieme presuppone un passo più lento di chi
procede da solo o con un piccolo gruppo.
Se l’obiettivo del cammino
è solo il cammino per se stesso, non sorge nessun problema.
Se invece l’obiettivo del
cammino è far progredire il gruppo, facendogli raggiungere nuove
posizioni, ruoli, o risorse materiali o immateriali (comprese quelle spirituali…)
le cose si complicano.
Non sempre è vero che
queste posizioni, ruoli, risorse siano in numero illimitato, anzi il più delle
volte sono in numero limitato e sono appannaggio dei singoli (o dei
gruppi) più veloci.
Basta pensare a quello
che avviene nel mondo globale di oggi, laddove l’economia pone in competizione
fra di loro non singoli gruppi ma interi Paesi .
I Paesi più efficienti e
veloci (e per Paese intendo l’insieme collettivo congiunto della società civile e della classe politica
ed economica) riescono ad acquisire le posizioni migliori e le risorse maggiori
a scapito dei Paesi più lenti che rimangono dietro. Non solo se questi Paesi
insistono nel voler far viaggiare alla stessa velocità tutti i cittadini,
resteranno sempre indietro.
Se infatti paragoniamo i Paesi più veloci a un gruppo di cavalli e quelli più lenti a un gruppo di cani non possiamo non notare che, più lunga è la corsa più, inevitabilmente, si amplia la distanza fra i due gruppi concorrenti.
Se infatti paragoniamo i Paesi più veloci a un gruppo di cavalli e quelli più lenti a un gruppo di cani non possiamo non notare che, più lunga è la corsa più, inevitabilmente, si amplia la distanza fra i due gruppi concorrenti.
Questo vuol dire che un
Paese il quale abbia al suo interno vaste aree di arretratezza culturale,
se non vuole lasciare al loro destino ampie fasce di popolazione e vuole invece
praticare politiche di inclusione sociale, è destinato ad un declino più
o meno rapido?
Forse no!
Forse la soluzione
potrebbe consistere nel formare piccole avanguardie
più veloci con un duplice compito: a) da una parte correre in competizione con
gli altri Paesi per raggiungere le posizioni migliori e acquisire maggiori
risorse; b) dall’altre tracciare la strada per rendere più facile e più veloce
il cammino della più ampia retroguardia.
Che ne dite? Esistono alternative
più valide?
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