Siamo entrati nel tempo di Avvento, un periodo in cui i cristiani attendono fiduciosi il sempre rinnovato arrivo di una Persona che nasce.
In un momento di crisi valoriale, sociale e finanziaria l’Avvento ci riporta alla speranza che questa Persona, Gesù, anche attraverso vie imperscrutabili, porta il mondo verso una bene sempre più pieno.
Mai come in questo momento emerge in tutta la sua forza la frase del grande Teillhard De Chardin, scienziato e gesuita: “L’avvenire è sempre migliore del passato.”
Buona settimana
Non esistono due persone che non si comprendono, solo due persone che non comunicano (proverbio africano)
domenica 30 novembre 2008
martedì 25 novembre 2008
Dialogo interreligioso impossibile?
Cari amici,
sono rimasto veramente sconcertato, direi addirittura turbato, per l’opinione espressa in alto loco delle Gerarchie ecclesiastiche circa l’impossibilità di un dialogo strettamente interreligioso e l’eventualità di un dialogo solo a livello interculturale.
Opinione che sarebbe plausibile, accettabile e condivisibile solo se fosse inserita in un coerente schema di pensiero che consideri la verità come un qualcosa (diciamo un insieme di valori e precetti) di circoscritto e di consolidato, esprimibile in dogmi o opinioni indiscutibili.
E chiaro che se la verità è un "dato", il dialogo interreligioso non si rivelerebbe possibile, se non al livello culturale, per la lapalissiana conseguenza che non potrebbero esistere due verità diverse.
Ben diverso è il discorso qualora si accettasse invece uno schema di pensiero che considerasse la verità come un "processo" in continuo approfondimento da completarsi generazione dopo generazione fino al pervenire ad una verità più compiuta frutto anche di un costruttivo dialogo interreligioso..
In particolare la Verità per un cristiano è Cristo, non qualcosa ma Qualcuno, una Persona reale.
E se, come ci ricorda la teologia ogni persona umana rappresenta un mistero inarrivabile (per cui un altro può essere compreso solo con l’intelligenza illuminata dall’amore), quanto più misteriosa e inarrivabile può essere la Persona divina di Cristo e quanto densa e da scoprire attraverso un infinito approfondimento può essere la Sua divina Parola rivelata!
Per un Cristiano non esiste altra via per arrivare alla verità se non corrispondere, con la pienezza della mente, del cuore, del corpo, all’Amore di Dio nel Verbo. I frammenti di verità man mano raggiunti possono essere consolidati in dogmi e precetti, ma pretendere di aver raggiunto la verità equivarrebbe alla pretesa di aver conosciuto Gesù, vero uomo e vero Dio.
Allora, pur accettando che lo Spirito assiste la Chiesa è pur vero che “il vento soffia dove vuole .... ma non sai da dove viene né dove va” (Gv. 3,8), sparge cioè semi e frammenti di verità anche nelle altre religioni (e perché no? Anche fra gli atei...), per cui solo un autentico, umile, dialogo interreligioso permetterà al cristianesimo di pervenire alla verità completa, forse solo nella pienezza dei tempi.
Che dire poi del fatto che Gesù ha raggiunto la pienezza dell'Amore e della Verità sulla Croce, realizzando se stesso nella perdita di sé per amore degli altri e cosi risorgendo? Forse la verità esige da noi la perdita di tutto noi stessi (comprese le opinioni) per andare verso gli altri?
Tutte le volte che la Chiesa cattolica ha lasciato questa impostazione per accettare l’altra che vede la verità come un dato consolidato, ne sono scaturiti eventi che la storia non ha poi giudicato positivamente.
Per ora, stando ai giorni nostri, è seriamente ravvisabile un ritorno, consapevole o meno,
all’era del pre-concilio.
P.S.: sicuramente questo mio post farà scatenare il caro amico Sam Cardell
Cari saluti
sono rimasto veramente sconcertato, direi addirittura turbato, per l’opinione espressa in alto loco delle Gerarchie ecclesiastiche circa l’impossibilità di un dialogo strettamente interreligioso e l’eventualità di un dialogo solo a livello interculturale.
Opinione che sarebbe plausibile, accettabile e condivisibile solo se fosse inserita in un coerente schema di pensiero che consideri la verità come un qualcosa (diciamo un insieme di valori e precetti) di circoscritto e di consolidato, esprimibile in dogmi o opinioni indiscutibili.
E chiaro che se la verità è un "dato", il dialogo interreligioso non si rivelerebbe possibile, se non al livello culturale, per la lapalissiana conseguenza che non potrebbero esistere due verità diverse.
Ben diverso è il discorso qualora si accettasse invece uno schema di pensiero che considerasse la verità come un "processo" in continuo approfondimento da completarsi generazione dopo generazione fino al pervenire ad una verità più compiuta frutto anche di un costruttivo dialogo interreligioso..
In particolare la Verità per un cristiano è Cristo, non qualcosa ma Qualcuno, una Persona reale.
E se, come ci ricorda la teologia ogni persona umana rappresenta un mistero inarrivabile (per cui un altro può essere compreso solo con l’intelligenza illuminata dall’amore), quanto più misteriosa e inarrivabile può essere la Persona divina di Cristo e quanto densa e da scoprire attraverso un infinito approfondimento può essere la Sua divina Parola rivelata!
Per un Cristiano non esiste altra via per arrivare alla verità se non corrispondere, con la pienezza della mente, del cuore, del corpo, all’Amore di Dio nel Verbo. I frammenti di verità man mano raggiunti possono essere consolidati in dogmi e precetti, ma pretendere di aver raggiunto la verità equivarrebbe alla pretesa di aver conosciuto Gesù, vero uomo e vero Dio.
Allora, pur accettando che lo Spirito assiste la Chiesa è pur vero che “il vento soffia dove vuole .... ma non sai da dove viene né dove va” (Gv. 3,8), sparge cioè semi e frammenti di verità anche nelle altre religioni (e perché no? Anche fra gli atei...), per cui solo un autentico, umile, dialogo interreligioso permetterà al cristianesimo di pervenire alla verità completa, forse solo nella pienezza dei tempi.
Che dire poi del fatto che Gesù ha raggiunto la pienezza dell'Amore e della Verità sulla Croce, realizzando se stesso nella perdita di sé per amore degli altri e cosi risorgendo? Forse la verità esige da noi la perdita di tutto noi stessi (comprese le opinioni) per andare verso gli altri?
Tutte le volte che la Chiesa cattolica ha lasciato questa impostazione per accettare l’altra che vede la verità come un dato consolidato, ne sono scaturiti eventi che la storia non ha poi giudicato positivamente.
Per ora, stando ai giorni nostri, è seriamente ravvisabile un ritorno, consapevole o meno,
all’era del pre-concilio.
P.S.: sicuramente questo mio post farà scatenare il caro amico Sam Cardell
Cari saluti
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pensieri
domenica 23 novembre 2008
Buona settimana (tornare al G1?....)
Carissimi,
oggi è la festa di Gesù Cristo, Re e Signore dell’universo.
Si stanno succedendo i G4, i G8, i G20 per trovare soluzioni alla crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando.
E se la crisi fosse invece prima di tutto di ordine morale (con gravi conseguenze economiche r finanziarie)?
Se la soluzione, dopo tanti inutili G4 G8 G20, fosse di tornare tutti al G1, a G(esù) reale Signore di tutte le realtà, la cui Parola, sparsa dallo Spirito nel Cristianesimo e in tutte le religioni, è l’unica Parola di verità che può salvare tutto l’uomo e tutti gli uomini?
Buona settimana
oggi è la festa di Gesù Cristo, Re e Signore dell’universo.
Si stanno succedendo i G4, i G8, i G20 per trovare soluzioni alla crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando.
E se la crisi fosse invece prima di tutto di ordine morale (con gravi conseguenze economiche r finanziarie)?
Se la soluzione, dopo tanti inutili G4 G8 G20, fosse di tornare tutti al G1, a G(esù) reale Signore di tutte le realtà, la cui Parola, sparsa dallo Spirito nel Cristianesimo e in tutte le religioni, è l’unica Parola di verità che può salvare tutto l’uomo e tutti gli uomini?
Buona settimana
venerdì 21 novembre 2008
Cristiani, valori e partiti
Cristiani, valori e parti politiche
Forse si può dire, con sufficiente verosimiglianza, che la maggioranza dei cristiani simpatizza in Italia (e anche in Europa e negli USA) con i partiti conservatori o con quelli riformisti in funzione della valutazione data su due presunte tipologie di valori, propri del cristianesimo.
Alcuni (forse i più) simpatizzano per i conservatori, talvolta anche li appoggiano e li sostengono, in quanto questi ultimi affermano di tutelare alcuni valori imprescindibili quali la difesa della vita (in contrasto con l’aborto e l’eutanasia), il primato della famiglia rispetto alle altre realtà sociali, il sostegno alla scuola privata.
Altri indirizzano le proprie simpatie verso i riformisti, sostenitori di politiche sociali ed economiche indirizzate a tutelare altri valori della dottrina sociale della Chiesa quali la opzione preferenziale per i poveri, la giustizia sociale, la pace.
Il problema sorge in quanto (particolarmente in un sistema bipolare) entrambe le parti politiche, a fronte del sostegno dell’una o dell’altra tipologia di valori, tendono a sottovalutare una delle due. A titolo esemplificativo i partiti conservatori propugnano politiche economiche e sociali rivolte a premiare il merito spesso circoscrivendo però la giustizia sociale ad un obbligo di “compassione” verso i meno abbienti, mentre i partiti riformisti alzano la bandiera di valori, specialmente, in campo bioetica, in pieno contrasto con quelli cristiani.
C’è anche da aggiungere un pizzico di ipocrisia, in quanto gli esponenti (e una buona parte degli elettori) dei partiti conservatori, mentre a parole difendono i valori della vita e della famiglia, spesso nella vita privata si comportano in maniera differente; così come altrettanto fanno gli esponenti (e una buona parte degli elettori) riformisti assumendo comportamenti personali in spregio alla povertà.
Qual è una possibile e concreta via di uscita per un cristiano che voglia vivere la pienezza dei suoi valori anche in ambito politico?
Allo stato dei fatti non ce n’è una immediata, anche se la grande maggioranza della Gerarchia, sulla base di una ipotesi di ragionamento che vede i valori etici della vita e della famiglia (valori definiti non negoziabili) prevalere sugli altri (più tipicamente sociali), tende a simpatizzare per i partiti conservatori.
Questo atteggiamento della maggioranza dei Vescovi suscita qualche perplessità perché rimane difficile capire come sia possibile, in concreto e non solo in astratto, proclamare la priorità dei diritti alla vita e al bene della famiglia senza una contestuale proclamazione della esigenza di politiche sociali che permettano a tutti di procreare e educare i figli e, ancor prima, di avere una casa familiare. A titolo di esempio dovremmo porci il problema di come conciliare (se conciliabile) l’esigenza di flessibilità (se non precarietà) richiesta dal moderno sistema economico globale con la necessità primaria di stabilità (anche e soprattutto fisica e temporale) del rapporto interpersonale di natura familiare.
Forse sarebbe preferibile considerare i valori, talvolta visti in maniera contrapposta, di carattere rispettivamente bioetico e sociale, come le parti di un sistema valoriale da considerare unico e inscindibile. La difesa dei valori bioetici (vita e famiglia) passa attraverso l’attuazione di politiche che operino redistribuzioni di reddito tali da garantire a tutti una concreta tutela di tali valori, mentre contestualmente tali politiche devono privilegiare la effettiva possibilità di consumi che concretizzino questi stessi valori a scapito di consumi meramente effimeri e superflui.
Questo non vuol dire richiedere immediatamente la costituzione di partiti politici che siano espressioni di questa linea. Come ci insegnano la scienza politica e la psicologia sociale, i partiti politici (a parte quelli di carattere meramente personale) non nascono dal nulla ma presuppongono l’esistenza di un progetto culturale che consolidi il sistema unificante di valori e permetta successivamente, attraverso una adeguata mediazione e una analisi concreta della situazione nazionale e internazionale, l’elaborazione di efficaci linee politiche conseguenti. Solo al termine di questo processo si può parlare di costituzione di un partito politico capace di dar corpo a tali linee politiche.
E’ un passaggio non eliminabile che forse richiederà l’impegno di una intera generazione. Nel frattempo ai cristiani impegnati in politica toccherà l’ingrato compito di saper discernere le aree e i limiti di questo impegno nell’ambito dei partiti o movimenti ai quali aderiscono, senza mai dimenticare il primario obbligo della carità reciproca (diceva S. Agostino: “in certis unitas, in incertis libertas, in omnibus caritas” (sulle cose certe per i cristiani devono essere uniti, su quelle incerte vige il principio della libertà, ma sempre ci deve essere la carità reciproca).
Forse si può dire, con sufficiente verosimiglianza, che la maggioranza dei cristiani simpatizza in Italia (e anche in Europa e negli USA) con i partiti conservatori o con quelli riformisti in funzione della valutazione data su due presunte tipologie di valori, propri del cristianesimo.
Alcuni (forse i più) simpatizzano per i conservatori, talvolta anche li appoggiano e li sostengono, in quanto questi ultimi affermano di tutelare alcuni valori imprescindibili quali la difesa della vita (in contrasto con l’aborto e l’eutanasia), il primato della famiglia rispetto alle altre realtà sociali, il sostegno alla scuola privata.
Altri indirizzano le proprie simpatie verso i riformisti, sostenitori di politiche sociali ed economiche indirizzate a tutelare altri valori della dottrina sociale della Chiesa quali la opzione preferenziale per i poveri, la giustizia sociale, la pace.
Il problema sorge in quanto (particolarmente in un sistema bipolare) entrambe le parti politiche, a fronte del sostegno dell’una o dell’altra tipologia di valori, tendono a sottovalutare una delle due. A titolo esemplificativo i partiti conservatori propugnano politiche economiche e sociali rivolte a premiare il merito spesso circoscrivendo però la giustizia sociale ad un obbligo di “compassione” verso i meno abbienti, mentre i partiti riformisti alzano la bandiera di valori, specialmente, in campo bioetica, in pieno contrasto con quelli cristiani.
C’è anche da aggiungere un pizzico di ipocrisia, in quanto gli esponenti (e una buona parte degli elettori) dei partiti conservatori, mentre a parole difendono i valori della vita e della famiglia, spesso nella vita privata si comportano in maniera differente; così come altrettanto fanno gli esponenti (e una buona parte degli elettori) riformisti assumendo comportamenti personali in spregio alla povertà.
Qual è una possibile e concreta via di uscita per un cristiano che voglia vivere la pienezza dei suoi valori anche in ambito politico?
Allo stato dei fatti non ce n’è una immediata, anche se la grande maggioranza della Gerarchia, sulla base di una ipotesi di ragionamento che vede i valori etici della vita e della famiglia (valori definiti non negoziabili) prevalere sugli altri (più tipicamente sociali), tende a simpatizzare per i partiti conservatori.
Questo atteggiamento della maggioranza dei Vescovi suscita qualche perplessità perché rimane difficile capire come sia possibile, in concreto e non solo in astratto, proclamare la priorità dei diritti alla vita e al bene della famiglia senza una contestuale proclamazione della esigenza di politiche sociali che permettano a tutti di procreare e educare i figli e, ancor prima, di avere una casa familiare. A titolo di esempio dovremmo porci il problema di come conciliare (se conciliabile) l’esigenza di flessibilità (se non precarietà) richiesta dal moderno sistema economico globale con la necessità primaria di stabilità (anche e soprattutto fisica e temporale) del rapporto interpersonale di natura familiare.
Forse sarebbe preferibile considerare i valori, talvolta visti in maniera contrapposta, di carattere rispettivamente bioetico e sociale, come le parti di un sistema valoriale da considerare unico e inscindibile. La difesa dei valori bioetici (vita e famiglia) passa attraverso l’attuazione di politiche che operino redistribuzioni di reddito tali da garantire a tutti una concreta tutela di tali valori, mentre contestualmente tali politiche devono privilegiare la effettiva possibilità di consumi che concretizzino questi stessi valori a scapito di consumi meramente effimeri e superflui.
Questo non vuol dire richiedere immediatamente la costituzione di partiti politici che siano espressioni di questa linea. Come ci insegnano la scienza politica e la psicologia sociale, i partiti politici (a parte quelli di carattere meramente personale) non nascono dal nulla ma presuppongono l’esistenza di un progetto culturale che consolidi il sistema unificante di valori e permetta successivamente, attraverso una adeguata mediazione e una analisi concreta della situazione nazionale e internazionale, l’elaborazione di efficaci linee politiche conseguenti. Solo al termine di questo processo si può parlare di costituzione di un partito politico capace di dar corpo a tali linee politiche.
E’ un passaggio non eliminabile che forse richiederà l’impegno di una intera generazione. Nel frattempo ai cristiani impegnati in politica toccherà l’ingrato compito di saper discernere le aree e i limiti di questo impegno nell’ambito dei partiti o movimenti ai quali aderiscono, senza mai dimenticare il primario obbligo della carità reciproca (diceva S. Agostino: “in certis unitas, in incertis libertas, in omnibus caritas” (sulle cose certe per i cristiani devono essere uniti, su quelle incerte vige il principio della libertà, ma sempre ci deve essere la carità reciproca).
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politica
venerdì 14 novembre 2008
La vita di Eluana....
Eluana presto morirà (o è già morta mentre sto scrivendo) sulla base di una sua decisione personale espressa (e successivamente riportata dai genitori) quando aveva piena capacità di intendere e di volere.
Mi astengo in questa sede da considerazioni, pur opportune, di carattere giuridico – costituzionale per proporre una riflessione sotto un altro aspetto.
Eluana e la sua famiglia, come anche tutti noi, siamo immersi in una cultura che considera vera vita solo quella che esprime bellezza estetica, dinamismo sportivo, forza fisica, successo materiale. Quando questi aspetti diventano impossibili, è automatico che si consideri la vita inutile, solo un peso.
Ma noi crediamo in questo? O non crediamo piuttosto in una vita che è vera quando esprime anche e sopratutto bellezza interna e spirituale, dinamismo mentale, forza morale, successo relazionale in famiglia, nelle amicizie, nel lavoro?
Non crediamo forse in una forza che si chiama solidarietà (sinonimo laico di fraternità) che ci spinge a sentirci una unica cosa con tutti gli altri uomini?
Siamo noi realmente contenti di essere animati da questa cultura e non dall’altra che ha portato alla morte di Eluana? Riusciamo a trasmettere questa serenità, questa gioia, questo entusiasmo di credere in una diversa visione della vita?
Se non riusciamo a trasmetterli, forse non possiamo anche noi non sentirci in qualche modo responsabile di questa morte.
Mi astengo in questa sede da considerazioni, pur opportune, di carattere giuridico – costituzionale per proporre una riflessione sotto un altro aspetto.
Eluana e la sua famiglia, come anche tutti noi, siamo immersi in una cultura che considera vera vita solo quella che esprime bellezza estetica, dinamismo sportivo, forza fisica, successo materiale. Quando questi aspetti diventano impossibili, è automatico che si consideri la vita inutile, solo un peso.
Ma noi crediamo in questo? O non crediamo piuttosto in una vita che è vera quando esprime anche e sopratutto bellezza interna e spirituale, dinamismo mentale, forza morale, successo relazionale in famiglia, nelle amicizie, nel lavoro?
Non crediamo forse in una forza che si chiama solidarietà (sinonimo laico di fraternità) che ci spinge a sentirci una unica cosa con tutti gli altri uomini?
Siamo noi realmente contenti di essere animati da questa cultura e non dall’altra che ha portato alla morte di Eluana? Riusciamo a trasmettere questa serenità, questa gioia, questo entusiasmo di credere in una diversa visione della vita?
Se non riusciamo a trasmetterli, forse non possiamo anche noi non sentirci in qualche modo responsabile di questa morte.
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pensieri
martedì 11 novembre 2008
Wall street e main street....
Non sono un "Obamiano" di ferro, anche se da americano anche io avrei votato Obama a causa dell'inconsistenza dell'avversario (ma avrei votato molto più volentieri per Hillary Clinton).
Comunque Obama è un buon comunicatore (come i nostri Veltrusconi...) e ho molto apprezzato una frase da lui detta nel suo discorso di Chigago ai suoi fans in festa per la vittoria.
La frase è: "non e possibile che Wall Street prosperi, quando Main street è in difficoltà". Main street nel linguaggio americano è la gente comune.
Non ho mai letto finora una diagnosi più sintetica e corretta della malattia che ha provocato l'attuale crisi finanziarie ed economica.
Adesso aspettiamo che Obama passi alla terapia che non potrà fare a meno di contenere una forte redistribuzione dei redditi e di essere globale (per intenderci estesa a tutti i Paesi, compreso il nostro).
Ci riuscirà? Io mi auguro di si.
Comunque Obama è un buon comunicatore (come i nostri Veltrusconi...) e ho molto apprezzato una frase da lui detta nel suo discorso di Chigago ai suoi fans in festa per la vittoria.
La frase è: "non e possibile che Wall Street prosperi, quando Main street è in difficoltà". Main street nel linguaggio americano è la gente comune.
Non ho mai letto finora una diagnosi più sintetica e corretta della malattia che ha provocato l'attuale crisi finanziarie ed economica.
Adesso aspettiamo che Obama passi alla terapia che non potrà fare a meno di contenere una forte redistribuzione dei redditi e di essere globale (per intenderci estesa a tutti i Paesi, compreso il nostro).
Ci riuscirà? Io mi auguro di si.
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politica
domenica 9 novembre 2008
Buona settimana (coraggio Clara!!)
Questo buona settimana vuole essere un omaggio al coraggio ed alla determinazione della mia carissima amica e “sorellina” Clara e di suo marito Ferdinando che, fra pochi giorni, partiranno per l’Africa per adottare Noufou, ragazzo di dieci anni nativo del Burkina Faso.
Claretta, Fedinando, vi siamo tutti vicini con una rete di preghiere e anche di sostegno fattivo quando Noufou sarà a Roma e sia voi che lui avrete bisogno di amici che vi facciano coraggio e vi aiutino negli inevitabili momenti di difficoltà.
Un abbraccio fortissimo a nome di tutti i lettori di buona settimana. Chi poi volesse aggiungere un commento personale a Clara e Ferdinando può anche usare il blog http://giuseppesbardella.blogspot.com
Buona settimana
Claretta, Fedinando, vi siamo tutti vicini con una rete di preghiere e anche di sostegno fattivo quando Noufou sarà a Roma e sia voi che lui avrete bisogno di amici che vi facciano coraggio e vi aiutino negli inevitabili momenti di difficoltà.
Un abbraccio fortissimo a nome di tutti i lettori di buona settimana. Chi poi volesse aggiungere un commento personale a Clara e Ferdinando può anche usare il blog http://giuseppesbardella.blogspot.com
Buona settimana
venerdì 7 novembre 2008
Pauperismo o sana economia?
Trascrivo di seguito un mio commento postato sul blog di Savino Pezzotta
Savino, leggendo il tuo post, mi è venuta in mente l'accusa lanciata da McCain a Obama, di puntare alla redistribuzione del reddito.E mi ha colpito la reazione di Wall Street alla elezione di Obama, un tracollo. Forse la ragione è che i veri "giocatori" della Borsa (grandi fondi, grossi finanzieri che giocano con i soldi di pensionati o normali risparmiatori) temono realmente una possibile redistribuzione del reddito temono che Obama possa fissare e far rispettare delle regole orientare dal bene comune, regole che loro non vogliono, né, nel caso che venissero comunque fissate, hanno intenzione di rispettare.
Non è né moralmente né economicamente sana una società dove l'11% delle persone è tecnicamente povera e, nel contempo, assistiamo a sprechi immani sui generi di lusso (rincorsa all'ultima moda nell'IT, cura spasmodica del corpo ecc.).Non si tratta di pauperismo ma di rispetto di tutto l'uomo e di tutti gli uomini.Occorre che gli economisti di ispirazione cristiana si diano una mossa e spieghino come uno sviluppo economico sano ed ecosostemibile non si possa non basare su una cultura personalistica e solidale.
Le idee ci sono, non vengono veicolate adeguatamente, un pò perché i media non le veicolano, un pò perché non siamo adeguatamte capaci noi di veicolare.Il tema della comunicazione dei valori è molto intrigante e varrebbe la pena di approfondirlo.
Savino, leggendo il tuo post, mi è venuta in mente l'accusa lanciata da McCain a Obama, di puntare alla redistribuzione del reddito.E mi ha colpito la reazione di Wall Street alla elezione di Obama, un tracollo. Forse la ragione è che i veri "giocatori" della Borsa (grandi fondi, grossi finanzieri che giocano con i soldi di pensionati o normali risparmiatori) temono realmente una possibile redistribuzione del reddito temono che Obama possa fissare e far rispettare delle regole orientare dal bene comune, regole che loro non vogliono, né, nel caso che venissero comunque fissate, hanno intenzione di rispettare.
Non è né moralmente né economicamente sana una società dove l'11% delle persone è tecnicamente povera e, nel contempo, assistiamo a sprechi immani sui generi di lusso (rincorsa all'ultima moda nell'IT, cura spasmodica del corpo ecc.).Non si tratta di pauperismo ma di rispetto di tutto l'uomo e di tutti gli uomini.Occorre che gli economisti di ispirazione cristiana si diano una mossa e spieghino come uno sviluppo economico sano ed ecosostemibile non si possa non basare su una cultura personalistica e solidale.
Le idee ci sono, non vengono veicolate adeguatamente, un pò perché i media non le veicolano, un pò perché non siamo adeguatamte capaci noi di veicolare.Il tema della comunicazione dei valori è molto intrigante e varrebbe la pena di approfondirlo.
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Economia
lunedì 3 novembre 2008
Sto diventando conservatore?
Ultimamente mi sono chiesto se, come altre persone che vanno avanti nell'età, stia anche io diventando un conservatore in politica.
Mi sono risposto di no, perché conservo intatta la mia passione per la giustizia, il desiderio che a tutti, indipendentente dal censo, siano offerte le uguali opportunità per una crescita morale e materiale.
Ma proprio per questo mi batto affinché siamo immesse dosi rilevanti di efficienza nella scuola e nel lavoro.
Una scuola pubblica lassista, che tenta (spesso inutilmente) di recuperare gli svogliati provocando altrettanto spesso la demotivazione di chi punta all'eccellenza, è una scuola di destra e non capisco perché la sinistra la difenda.
Un ufficio nel quale a parità di formazione, non si puniscono adeguatamente i meno diligenti e non si premiano i meritevoli è un ufficio che nuoce alla collettività.
I ricchi possono permettersi scuole private, cliniche private, possono rivolgersi ad agenzia private per sbrigare i loro affari con gli enti pubblici, la gente comune no, deve poter avere acuole, ospedali, enti pubblici al suo servizio con efficienza paragonabile a quella privata.
Purtroppo nella sinistra, a parte alcune voces clamantes in deserto (mi vengono in mente Cacciari, Letta, Salvati, non certamente Veltroni e D'Alema), questa esigenza è completamente negletta.
Si illude la sinistra di battere la destra (e sopratutti di servire realmente i suoi elettori) se continuerà a dimenticare questo aspetto della vita sociale.
E continuerà ad avere persone come me, potenzialmente di sinistra, che invece voteranno il Centro o, peggio la destra (che ha personaggi, come Tremonti che fa reali discorsi di sinistra).
Sono stato provocatorio? beh, l'ho fatto apposta...
Mi sono risposto di no, perché conservo intatta la mia passione per la giustizia, il desiderio che a tutti, indipendentente dal censo, siano offerte le uguali opportunità per una crescita morale e materiale.
Ma proprio per questo mi batto affinché siamo immesse dosi rilevanti di efficienza nella scuola e nel lavoro.
Una scuola pubblica lassista, che tenta (spesso inutilmente) di recuperare gli svogliati provocando altrettanto spesso la demotivazione di chi punta all'eccellenza, è una scuola di destra e non capisco perché la sinistra la difenda.
Un ufficio nel quale a parità di formazione, non si puniscono adeguatamente i meno diligenti e non si premiano i meritevoli è un ufficio che nuoce alla collettività.
I ricchi possono permettersi scuole private, cliniche private, possono rivolgersi ad agenzia private per sbrigare i loro affari con gli enti pubblici, la gente comune no, deve poter avere acuole, ospedali, enti pubblici al suo servizio con efficienza paragonabile a quella privata.
Purtroppo nella sinistra, a parte alcune voces clamantes in deserto (mi vengono in mente Cacciari, Letta, Salvati, non certamente Veltroni e D'Alema), questa esigenza è completamente negletta.
Si illude la sinistra di battere la destra (e sopratutti di servire realmente i suoi elettori) se continuerà a dimenticare questo aspetto della vita sociale.
E continuerà ad avere persone come me, potenzialmente di sinistra, che invece voteranno il Centro o, peggio la destra (che ha personaggi, come Tremonti che fa reali discorsi di sinistra).
Sono stato provocatorio? beh, l'ho fatto apposta...
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