Cristiani, valori e parti politiche
Forse si può dire, con sufficiente verosimiglianza, che la maggioranza dei cristiani simpatizza in Italia (e anche in Europa e negli USA) con i partiti conservatori o con quelli riformisti in funzione della valutazione data su due presunte tipologie di valori, propri del cristianesimo.
Alcuni (forse i più) simpatizzano per i conservatori, talvolta anche li appoggiano e li sostengono, in quanto questi ultimi affermano di tutelare alcuni valori imprescindibili quali la difesa della vita (in contrasto con l’aborto e l’eutanasia), il primato della famiglia rispetto alle altre realtà sociali, il sostegno alla scuola privata.
Altri indirizzano le proprie simpatie verso i riformisti, sostenitori di politiche sociali ed economiche indirizzate a tutelare altri valori della dottrina sociale della Chiesa quali la opzione preferenziale per i poveri, la giustizia sociale, la pace.
Il problema sorge in quanto (particolarmente in un sistema bipolare) entrambe le parti politiche, a fronte del sostegno dell’una o dell’altra tipologia di valori, tendono a sottovalutare una delle due. A titolo esemplificativo i partiti conservatori propugnano politiche economiche e sociali rivolte a premiare il merito spesso circoscrivendo però la giustizia sociale ad un obbligo di “compassione” verso i meno abbienti, mentre i partiti riformisti alzano la bandiera di valori, specialmente, in campo bioetica, in pieno contrasto con quelli cristiani.
C’è anche da aggiungere un pizzico di ipocrisia, in quanto gli esponenti (e una buona parte degli elettori) dei partiti conservatori, mentre a parole difendono i valori della vita e della famiglia, spesso nella vita privata si comportano in maniera differente; così come altrettanto fanno gli esponenti (e una buona parte degli elettori) riformisti assumendo comportamenti personali in spregio alla povertà.
Qual è una possibile e concreta via di uscita per un cristiano che voglia vivere la pienezza dei suoi valori anche in ambito politico?
Allo stato dei fatti non ce n’è una immediata, anche se la grande maggioranza della Gerarchia, sulla base di una ipotesi di ragionamento che vede i valori etici della vita e della famiglia (valori definiti non negoziabili) prevalere sugli altri (più tipicamente sociali), tende a simpatizzare per i partiti conservatori.
Questo atteggiamento della maggioranza dei Vescovi suscita qualche perplessità perché rimane difficile capire come sia possibile, in concreto e non solo in astratto, proclamare la priorità dei diritti alla vita e al bene della famiglia senza una contestuale proclamazione della esigenza di politiche sociali che permettano a tutti di procreare e educare i figli e, ancor prima, di avere una casa familiare. A titolo di esempio dovremmo porci il problema di come conciliare (se conciliabile) l’esigenza di flessibilità (se non precarietà) richiesta dal moderno sistema economico globale con la necessità primaria di stabilità (anche e soprattutto fisica e temporale) del rapporto interpersonale di natura familiare.
Forse sarebbe preferibile considerare i valori, talvolta visti in maniera contrapposta, di carattere rispettivamente bioetico e sociale, come le parti di un sistema valoriale da considerare unico e inscindibile. La difesa dei valori bioetici (vita e famiglia) passa attraverso l’attuazione di politiche che operino redistribuzioni di reddito tali da garantire a tutti una concreta tutela di tali valori, mentre contestualmente tali politiche devono privilegiare la effettiva possibilità di consumi che concretizzino questi stessi valori a scapito di consumi meramente effimeri e superflui.
Questo non vuol dire richiedere immediatamente la costituzione di partiti politici che siano espressioni di questa linea. Come ci insegnano la scienza politica e la psicologia sociale, i partiti politici (a parte quelli di carattere meramente personale) non nascono dal nulla ma presuppongono l’esistenza di un progetto culturale che consolidi il sistema unificante di valori e permetta successivamente, attraverso una adeguata mediazione e una analisi concreta della situazione nazionale e internazionale, l’elaborazione di efficaci linee politiche conseguenti. Solo al termine di questo processo si può parlare di costituzione di un partito politico capace di dar corpo a tali linee politiche.
E’ un passaggio non eliminabile che forse richiederà l’impegno di una intera generazione. Nel frattempo ai cristiani impegnati in politica toccherà l’ingrato compito di saper discernere le aree e i limiti di questo impegno nell’ambito dei partiti o movimenti ai quali aderiscono, senza mai dimenticare il primario obbligo della carità reciproca (diceva S. Agostino: “in certis unitas, in incertis libertas, in omnibus caritas” (sulle cose certe per i cristiani devono essere uniti, su quelle incerte vige il principio della libertà, ma sempre ci deve essere la carità reciproca).
3 commenti:
Condivido sostanzialmente la tua analisi in particolare quando ricordi che le alternative alla scenario politico attuale non nascono per "mitosi" ma presuppongono l'esistenza di un progetto culturale che consolidi il sistema unificante di valori e, aggiungerei, che consenta a tutti, cristiani, laici o appartenenti a confessioni diverse, di riconoscersi in tale sistema di valori. Tutto questo sarà possibile se il progetto politico ritroverà quella capacità di inclusione che fu la chiave di volta per l'affermazione del popolarismo cristiano, così come ricordava recentemente Savino Pezzotta.
credo che un buon punto di partenza sia il recente richiamo alla testimonianza dei cristiani su "morale pubblica" e "malavita organizzata" fatto da Bagnasco... una "novità" nel filone delle prolusioni CEI degli ultimi 20 anni.
La "lotta alle mafiosità" oltre a essere un'emergenza italiana (a monte anche di crisi economiche, istituzionali etc) può essere il collante e l'anima di una presenza coraggiosamente e radicalmente cristiana in politica e nella vita civile, una presenza non ideologica e non schizoide...
A mio parere nell'attuale scenario politico vi sono troppi soggetti, nella maggior parte degli schieramenti, che si definiscono più a torto che a ragione "cristiani" al solo scopo di attirare simpatie e voti nel periodo elettorale da coloro che si riconoscono nei valori del Vangelo. Purtroppo poi alla resa dei conti giunti ad occupare gli scranni del Parlamento, questi soggetti appoggiano o addirittura promuovono leggi dello Stato o manifestano comportamenti nella vita pubblica e privata del tutto inconciliabili con l'essenza del vero "cristiano". Assai meglio ci sentiremmo se ci fossero meno "cristiani" dichiarati in realtà "virtuali" e più "cristiani coerenti" eletti in Parlamento. ma questo sta a noi raggiungerlo seguendo con attenzione le iniziative di coloro che abbiamo preferito con il nostro voto. In questa ottica diventa fondamentale il ripristino delle preferenze in sede elettorale.
Non sarà certo un caso che le segreterie dei maggiori partiti abbiamo da tempo intrapreso una battaglia contro le preferenze che impedirebbero la scelta dei candidati basata sull'arbitrio di pochi.
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