Con un annuncio che ha lasciato sconcertati, il leader dell’UdC Casini ha proposto di cancellare lo scudocrociato dal simbolo del nuovo soggetto politico di centro, il cosiddetto Partito della Nazione che, peraltro, dovrebbe rimanere un partito di ispirazione cristiana (anche se un po’ attenuata....).
Nessun esponente politico che si rispetta avrebbe l’ardire di avanzare una proposta come questa (che veramente appare come una reale soluzione di discontinuità rispetto al passato), senza essere certo che la maggioranza della base del suo partito la approverebbe e che, anzi, questa decisione gli permetterebbe di acquisire simpatie aggiuntive.
Sicuramente Casini è in possesso di sondaggi riservati che sosterrebbero la sua posizione. Ormai, e in questo ha ragione il Presidente della Camera Fini, le scelte politiche si basano sui sondaggi, non sui valori né tantomeno sugli effetti a medio-lungo termine delle scelte medesime.
Eppure ci sarebbe un buon precedente per evitare di decidere anche una questione come questa in base ai sondaggi.
Circa 2000 anni fa un presunto Re dei Giudei fu messo in croce, sulla base di una decisione assembleare e pressoché unanime del popolo di Gerusalemme, in quanto aveva osato dichiararsi Figlio di Dio.
Una volta morto in croce sul Golgota, dopo essere stato soggetto ai lazzi e agli scherni dei più, se si fosse fatto un “sondaggio” sulla possibilità di una continuazione del suo messaggio e della comunità dei suoi seguaci, quante sarebbero state le opinioni favorevoli? Sicuramente poche se non nessuna. Eppure la Fede in quella Persona dura ancora oggi dopo 2000 e più anni e ha dominato (e dominerà) la storia del mondo!
Si può capire la proposta di Casini di dare un “taglio” con ogni collegamento, anche di immagine, con la Democrazia Cristiana, partito che ha governato l’Italia per molta parte dell’ultima metà dello scorso secolo, ma la cui esperienza è forse irripetibile nell’attuale epoca, in presenza di contesti culturali e socio-economici radicalmente diversi. Veramente lo scudocrociato potrebbe andare in pensione ed essere ricordato per i meriti (e alcune ombre) nei confronti della Nazione.
Ma è giusto che la croce come simbolo culturale vada in pensione? Questo è il punto nodale.
Essa oltre ad essere il segno riconoscitivo dei Cristiani, rappresenta di sicuro una valenza significativa per tutti gli uomini di volontà.
Dal gesto di Cristo che sale e muore in Croce, con un atto di donazione, libera, infinita e incommensurabile, per riconciliare l’umanità con Dio e farle la sua pienezza di essenza, discende anche una ben chiara etica ed una condivisibile cultura.
In primo luogo la scelta della croce si configura come una scelta di libertà, libertà da tutti i poteri e i condizionamenti esterni, sempre possibili e esistenti, che cercano di distrarci da ciò che abbiamo scelto come vero, bello e buono.
Ma ancora la croce evidenzia il primato dato al bene di molti (nel caso di Cristo di tutti) rispetto al benessere individuale; è una decisione che può non pagare a breve ma che si rivela vincente per se stessi e per la comunità nel medio-lungo periodo.
La croce si coniuga perfettamente con il senso di responsabilità, con la capacità cioè di tener fede, con coerenza e con tenacia, agli impegni liberamente assunti.
E infine la croce dimostra come il successo, la realizzazione dei propri obiettivi, passa attraverso una fase di fatica, di impegno profondo, di salita controcorrente, chiamata con una parola fuori moda “sacrificio”, una fase transitoria ma necessaria che forgia la persona e la lancia verso la piena realizzazione.
La croce è questo per tutti gli uomini di buona volontà, e forse anche altro..
Ma non è di questa etica, di questa cultura, fondata su libertà, bene comune, responsabilità, sacrificio, ciò di cui l’Italia, e anche l’Europa oggi hanno proprio bisogno?.
Abbiamo di fronte a noi una etica e una cultura che propugnano:
1. la libertà come possibilità di inseguire ad ogni costo il nostro piacere materiale;
2. il benessere (o meglio, il tornaconto) individuale come metro prevalente di giudizio sul nostro comportamento;
3. l’ubbidienza immediata agli stimoli emotivi come strada da seguire indipendentemente dalle conseguenze e dagli effetti delle decisioni emotivamente assunte;
4. la fuga dal sacrificio e la ricerca del guadagno e del successo senza fatica come via per inseguire alcuni modelli umanamente squallidi (veline, tronisti, alcuni uomini di sport...) ma venduti alle nostra parte emotiva come “storie di successo”.
L’etica e la cultura oggi dominante sono frutto di questi elementi e continuano ad essere seguiti, anche se la crisi morale e soprattutto quella economica (figlia della prima) sono devastanti e sotto gli occhi di tutti quello che ancora vogliono pensare e vedere.
E allora lasciamo pure andare in pensione lo storico scudocrociato, ma teniamoci ben stretta l’immagine della croce, magari come parte di un simbolo più ampio e dal molteplice significato. La cultura, l’etica e il modo di far politica, sottesi alla croce, possono essere ora perdenti, ma sicuramente non lo saranno nel medio-lungo periodo.