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venerdì 21 gennaio 2011

Perché ho lasciato la Rosa per l'Italia

Uso il mio blog personale per spiegare i motivi per i quali ho deciso di lasciare la Rosa per L’Italia.

Sin da ragazzo e da giovane studente universitario (anni ’60 e ’70 dello scorso secolo) ho sempre sognato una Italia politicamente e culturalmente più “europea” più vicina al sistema politico ed economico di alcune Nazioni del centro-europa come la Francia e la Germania.

Per questo ho sempre auspicato l’idea di sistemi elettorali che spingessero verso forme di sintesi polipartitiche di tipo bipolare, come il maggioritario a singolo o a doppio turno o, in alternativa, il sistema tedesco con rafforzamento però della parte uninominale.

E, andando controcorrente, non ho mai avuto grossi problemi contro il “porcellum” se non per la completa assenza della possibilità di attribuire delle preferenze.

Questa mia convinzione maggioritaria e presidenzialista si è andata rafforzando quando mi sono reso conto che, nel sistema ormai sempre più globale dell’economia, una Nazione non potesse competere efficacemente se non in presenza di processi decisionali interni che garantissero contemporaneamente un adeguato tasso di partecipazione democratica e un congruo livello di velocità e di efficienza decisionale.

La strada, alternativa a quella del sistema elettorale, per operare sintesi politiche in una Nazione come l’Italia, sarebbe dovuta passare attraverso un lungo processo educativo degli Italiani ad un maggior sentimento civico e del bene comune, e mi appare molto impraticabile vista la dissoluzione morale ormai diffusa in abbondanza e la mancanza di tempo adeguato per portare a termine questo processo educativo.

Un altro elemento sul quale da 40 anni si è focalizzata la mia attenzione è stato l’utilizzo della spesa pubblica non solo per coprire spese correnti produttive e/o investimenti pubblici, ma per motivi clientelari se non quando anche a scopo di finanziamento pubblico tramite esperienze di corruzione. Ho sempre ammirato la capacità del governi francesi e tedeschi (a prescindere dal colore politico) di mantenere sotto controllo il deficit pubblico imponendo ai propri cittadini una condotta operosa, seria e produttiva.

Non per altro nonostante le mie radici pienamente cristiane, l’uomo politico che ho ammirato di più non è stato un democristiano bensì il repubblicano (e massone...) Ugo La Mafa, guardiano attento dei conti pubblici e del “conti morali” nazionali.

Venendo agli ultimi 20 anni, sulla falsariga di queste mie opinioni di fondo, appoggiai dapprima Mariotto Segni, quindi l’Ulivo di Prodi, finché in questo decennio il bipolarismo si strutturò in due poli entrambi impraticabili, l’uno di sinistra che ancora deve fare i conti con le conseguenze dell’economia globale restando ancorato a schemi novecenteschi, l’altro di destra per me non accettabile per i problemi etici e di conflitto d’interesse del suo leader nonché per alcuni aspetti troppo classisti del suo programma. Per entrambi i poli sussisteva poi la perplessità di fondo sulla la coerenza, teorica e pratica, con i principi fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa.

Né mi sentivo di aderire sic et simpliciter all’UDC che mi pareva riproporre completamente la mentalità politica e economica della DC che avevo conosciuto (quella spendaccione mollacciona degli anni ’70 e ’80, non quella di De Gasperi, Sturzo, Vanoni, Fanfani che rimane per me un modello).

Il lancio della Rosa da parte di Monticone, Pezzotta e Tabacci (lasciamo stare Baccini che era chiaro che se ne sarebbe andato prima o poi, per incompatibilità politica e morale) mi dava ampie garanzie da un punto di vista etico, mentre la presenza di Bruno Tabacci mi rassicurava per la parte economica. Ero consapevole che si trattava di personale politico maggiormente favorevole al proporzionalismo elettorale ma restavo convinto che la necessità di una sintesi partitica si sarebbe resa chiara da una serena e onesta analisi del rapporto fra sistema elettorale e sviluppo economico.

Ho cominciato così il mio cammino nella Rosa, in una piena fedeltà alla persona di Savino Pezzotta, nonostante che il progetto iniziale perdesse mano mano del suo smalto e alcuni lasciassero o per motivi ideali (perlopiù l’unione con l’UDC di Casini) o di interesse personale.

Restava fermo in me l’obiettivo di contribuire a costruire un polo popolare liberal-democratico, di ispirazione cristiana ma aperto alle componenti laiche, a vocazione maggioritaria e fondato sul pensiero personalistico (pienamente accettabile anche da componenti laiche), che si ponesse come uno dei due poli fondamentali del sistema politico (collegandosi al Partito Popolare Europeo) e che fosse in grado di restituire all’Italia dignità morale e sviluppo economico.

Tutto questo presupponeva, da parte dei componenti della Rosa Bianca, la consapevolezza e la condivisione di questo sbocco finale e la capacità di considerare la politica come servizio con la conseguente consapevolezza di essere capaci di mettersi da parte in vista del raggiungimento dell’obiettivo finale e del bene comune.

In questa ottica ho ben visto, come possibile tappa intermedia, la potenziale nascita del Polo della Nazione fra UdC (in tutte le sue componenti), FlI, ApI e MpA, tenendo ben presente la necessità che il futuro (e diverso) polo popolare liberal-democratico non fosse il frutto di un mero rimescolamento delle carta fra le componenti suddette del Polo della Nazione, ma un soggetto politico completamente nuovo, aperto alle componenti sane della società civile, ad una buona parte di quel 40% che ora non va a votare o vota scheda nulla o bianca.

Con mio sommo dispiacere mi sono reso conto che la grande maggioranza dei componenti della Rosa bianca continua a pensare, in modo più o meno consapevole, ad una riedizione della vecchia ultima DC, riproponendo, negli interventi, la propria avversione ad un sistema bipolare, la preferenza per un sistema proporzionale (magari con poche e poco significanti modifiche), il rimpianto per le popolari (e devastanti) politiche di deficit spending, la strenua difesa della propria identità di piccolo soggetto politico e la volontà di conquistare o difendere il proprio posto negli organismi di partito magari, in “quota” della Rosa, perdendo di vista lo spirito di servizio al bene comune e alla Nazione che deve animare chi svolge politica attiva.

Sono incompatibile con questo progetto e con questo modo di fare politica.

Ed ora? Non aderirò certo ad alcun altro soggetto politico esistente; mi ritroverei di fronte ai problemi appena detti o con gravi incompatibilità di valori o di programmi. Cercherò, nel breve periodo, di portare avanti, nel dialogo aperto con gli amici di Persona è futuro, il progetto politico sopra delineato. La base culturale sarà costituita sempre dalla visione “personalistica” della Dottrina Sociale della Chiesa ribadita con forza nell’ultima enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI.

3 commenti:

stefania ha detto...

Complimenti per l'articolo, qualsiasi siano gli ideali che ti muovono a farlo, l'unico modo per avere speranza di cambiare il paese è impegnarsi in prima persona ed è encomiabili chi come te lo fa in prima persona.

Stefania

Sam Cardell ha detto...

Vedo solo ora questo tuo post tra l’arrendevole, il deluso e lo sfiduciato.
Lo comprendo; anche se non mi sono mai ritirato sull’Aventino.
La situazione era già chiara all’inizio guardando chi ruotava intorno alla Rosa, tanto più che questa era solo pentale, perciò senza futuro.
A Montecatini chi vi era? Nostalgici e riciclati, per di più … datati! E ciò dice già tutto.
Le idee per costruire un progetto non esistevano; ma l’entusiasmo – quello che non sta con i piedi per terra per il rientro di un nuovo e possibile Napoleone dall’esilio – poggiava solo sulla rena della spiaggia, facendo sprofondare il gruppo per troppo peso.
Gli strateghi e gli elaboratori di idee nuove in giro si potevano trovare, ma con baldanza si è preferito pensare che dietro gli ideali del secolo scorso tutti corressero a … votare.
La politica non la si fa con lo spettacolo e neppure con i carrieristi inchiodati alla poltrona. Pure gli egiziani se ne sono accorti.
“Noi pensavamo che …” lo dissero già 2000 anni fa i discepoli di Emmaus, appunto perché non solo non comprendevano gli avvenimenti, ma pure fidavano su un re potente, in armi e liberatore.
Le tessere sono il potere dei nostri “miseri” politici di centro perché non sono in grado di sviluppare idee e, perciò, perseguono il cesarismo.
I risultati sono: percentuali da prefisso telefonico, inesistente strategia politica di alleanze, unioni deleterie con personaggi e gruppi che ideologicamente sono degli sbandati politici, prospettive di medio e lungo termine lasciate al caso e all’opportunismo spiccio.
Savino vorrebbe governare, ovviamente; il suo problema è che non saprebbe da che parte incominciare e con chi stare.
Con il Pdl no, con la Lega nemmeno; e allora con chi specie al Nord?
Con Fini che è ancora più a dx (con quei pochi nostalgici del Msn) e che ha bisogno di visibilità per esistere, perciò di qualcuno che gli faccia da sponda e sostegno? Oppure con la sx che combatte i valori e gli ideali che lui ama e declama?
La discussione politica e il voto dovrebbero basarsi sulla validità dei progetti e delle idee e non sulle tessere; ma per loro il mondo va diversamente.
Per cui succede che pure gli onesti, sinceri e validi collaboratori – come te – possano salutare l’allegra … compagnia.
Su col morale, Giuseppe!!!

Luigi DE VALERI ha detto...

Confermo quanto più volte sollecitato tra noi fondatori prima di AdCentrum e poi di Persona è futuro ovvero impegnarsi e mettere la faccia in prima persona e costruire su basi di impegno morale e sociale ispirate dalla dottrina sociale della Chiesa.
Cominciamo ad eleaborare una adichiarazione di intenti sul modello già fatto per AdCentrum e la sottoscriviamo anche se in pochi inizialmente o continuiamo ad attendere il deus ex machina a Roma mentre la politica rimane in mano ai tanti approfittatori caro Giuseppe?