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lunedì 7 marzo 2022

Le "beatitudini" sono una gran fregatura?



Le “beatitudini” sono una gran fregatura?


“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.
(Matteo 5,3-12)

Ma davvero si riesce a sentirsi felici quando si è poveri, afflitti, perseguitati, insultati…?
O sentirsi felici quando si ha un carattere portato alla mitezza, alla misericordia, alla trasparenza, alla conciliazione in un mondo che sembra premiare gli arroganti, i violenti, gli imbroglioni, i bellicosi?

Andate a dire che si è felici ad essere poveri ad un padre o una madre di famiglia che non riesce ad arrivare a fine mese, ad essere afflitti ad un ammalato di tumore, ad essere insultati e perseguitati ad una persona sotto il dominio di uomini o donne potenti ed arroganti!
Se la felicità è intesa come sentimento di soddisfazione per aver realizzato un proprio obiettivo in linea con la cultura dominante (la ricchezza, il potere, il successo professionale, la possibilità di decidere autonomamente e di imporre ad altri le proprie decisioni…) allora no, non ci siamo, le cosiddette “beatitudini” evangeliche sono solo una grande fregatura per non dire una truffa bella e buona! Al massimo esse potrebbero rappresentare un invito al masochismo!
Ma può essere, se non Dio, almeno una persona affidabile uno come Gesù che proclama queste false beatitudini? Sembrerebbe questa un’altra prova a favore di una posizione atea.

Forse non tutto è così semplice e lineare, forse è meglio approfondire un po’.

Una volta ascoltai un valente biblista affermare che la corretta traduzione del termine greco “macarioi” (tradotto in italiano nella brano delle beatitudini con “beati”) sarebbe “il Signore è vicino a…”.
Allora l’intero brano delle Beatitudini andrebbe inteso come “il Signore è vicino ai poveri, ai miti, agli afflitti, ai misericordiosi, ai perseguitati…”.
Un completo capovolgimento di prospettiva… la felicità non è il  sentimento di soddisfazione per aver realizzato un proprio obiettivo psicologico o materiale in linea con la cultura dominante (potere, successo, ricchezza…), la felicità è piuttosto il sentimento di fiducia in un Signore che non ci è lontano ma ci è tanto più vicino quanto più ci troviamo in una delle situazioni descritte nelle beatitudini.
Una conferma di questa interpretazione ci può venire dall’esempio e dalla testimonianza di uomini antichi e moderni, come S. Francesco d’Assisi, S. Ignazio di Loyola, Albert Schveitzer, S. Chiara da Montefalco, M. L. King, Padre Kolbe, Edith Stein, San Giovanni Bosco, Salvo d’Acquisto, Dino Impagliazzo[1]… uomini e donne che hanno vissuto, in diversi frangenti storici, le beatitudini, che non avevano nulla per sentirsi felici secondo i canoni della cultura dominante ma che pure lo erano (e lo dimostravano) perché sentivano il Signore vicino a loro!

Certo, vivere così non è assolutamente facile anche perché tutto ci spinge in una direzione opposta, ma forse… una strada sicura, una “scorciatoia” infallibile c’è!
Questi uomini erano e sono felici perché, assistiti e sostenuti dal sentire vicino il Signore, hanno visto e vedono come fratelli e sorelle tutti gli uomini e le donne che hanno incontrato e incontrano lungo la strada della loro vita.
Proprio così, il sentimento di fraternità è ciò che ci spinge a sollevare i poveri, a consolare gli afflitti e i perseguitati, ad essere solidali con i miti, i misericordiosi, i trasparenti, i pacificatori.
La fraternità è quel sentimento che ci potrebbe permettere di costruire una società, un mondo, a misura di “beatitudini”, quel sentimento che ci aiuta a viverle in pienezza e a trasmettere così la felicità a chi ci circonda, a quello che siamo soliti chiamare il nostro prossimo.

Essere fratelli, essere veri amici (persone che danno amore) di tutti… in fondo l’intero brano delle beatitudini potrebbe essere più brevemente riscritto cosi
Beati i fratelli e amici di tutti…

 

Roma 7 marzo 2022                                                   Giuseppe Sbardella



[1] Dirigente dell’INPS in pensione, membro del Movimento dei Focolari, sempre rivolto ad aiutare gli “ultimi”, ideatore delle mense di soccorso ai poveri e ai rifugiati nelle Stazioni Ostiense e Trastevere di Roma, morto nell’estate del 2021.


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