Le “beatitudini” sono una gran fregatura?
“Beati
i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni
sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché
grande è la vostra ricompensa nei cieli”.
(Matteo 5,3-12)
Ma davvero si riesce a sentirsi felici quando si è
poveri, afflitti, perseguitati, insultati…?
O sentirsi felici quando si ha un carattere portato alla mitezza, alla
misericordia, alla trasparenza, alla conciliazione in un mondo che sembra
premiare gli arroganti, i violenti, gli imbroglioni, i bellicosi?
Andate a dire che si è felici ad essere poveri ad un
padre o una madre di famiglia che non riesce ad arrivare a fine mese, ad essere
afflitti ad un ammalato di tumore, ad essere insultati e perseguitati ad una
persona sotto il dominio di uomini o donne potenti ed arroganti!
Se la felicità è intesa come sentimento di soddisfazione per aver realizzato un
proprio obiettivo in linea con la cultura dominante (la ricchezza, il potere,
il successo professionale, la possibilità di decidere autonomamente e di
imporre ad altri le proprie decisioni…) allora no, non ci siamo, le cosiddette “beatitudini”
evangeliche sono solo una grande fregatura per non dire una truffa bella e
buona! Al massimo esse potrebbero rappresentare un invito al masochismo!
Ma può essere, se non Dio, almeno una persona affidabile uno come Gesù che
proclama queste false beatitudini? Sembrerebbe questa un’altra prova a favore
di una posizione atea.
Forse non tutto è così semplice e lineare, forse è meglio
approfondire un po’.
Una volta ascoltai un valente biblista affermare che
la corretta traduzione del termine greco “macarioi” (tradotto in italiano nella
brano delle beatitudini con “beati”) sarebbe “il Signore è vicino a…”.
Allora l’intero brano delle Beatitudini andrebbe inteso come “il Signore è
vicino ai poveri, ai miti, agli afflitti, ai misericordiosi, ai perseguitati…”.
Un completo capovolgimento di prospettiva… la felicità non è il sentimento di soddisfazione per aver
realizzato un proprio obiettivo psicologico o materiale in linea con la cultura
dominante (potere, successo, ricchezza…), la felicità è piuttosto il sentimento
di fiducia in un Signore che non ci è lontano ma ci è tanto più vicino quanto
più ci troviamo in una delle situazioni descritte nelle beatitudini.
Una conferma di questa interpretazione ci può venire dall’esempio e dalla
testimonianza di uomini antichi e moderni, come S. Francesco d’Assisi, S.
Ignazio di Loyola, Albert Schveitzer, S. Chiara da Montefalco, M. L. King, Padre
Kolbe, Edith Stein, San Giovanni Bosco, Salvo d’Acquisto, Dino Impagliazzo[1]… uomini e donne che hanno
vissuto, in diversi frangenti storici, le beatitudini, che non avevano nulla
per sentirsi felici secondo i canoni della cultura dominante ma che pure lo
erano (e lo dimostravano) perché sentivano il Signore vicino a loro!
Certo, vivere così non è assolutamente facile anche
perché tutto ci spinge in una direzione opposta, ma forse… una strada sicura,
una “scorciatoia” infallibile c’è!
Questi uomini erano e sono felici perché, assistiti e sostenuti dal sentire
vicino il Signore, hanno visto e vedono come fratelli e sorelle tutti gli
uomini e le donne che hanno incontrato e incontrano lungo la strada della loro
vita.
Proprio così, il sentimento di fraternità è ciò che ci spinge a sollevare i
poveri, a consolare gli afflitti e i perseguitati, ad essere solidali con i
miti, i misericordiosi, i trasparenti, i pacificatori.
La fraternità è quel sentimento che ci potrebbe permettere di costruire una
società, un mondo, a misura di “beatitudini”, quel sentimento che ci aiuta a
viverle in pienezza e a trasmettere così la felicità a chi ci circonda, a
quello che siamo soliti chiamare il nostro prossimo.
Essere fratelli, essere veri amici (persone che danno
amore) di tutti… in fondo l’intero brano delle beatitudini potrebbe essere più
brevemente riscritto cosi
“Beati i fratelli e amici di tutti…”
Roma 7 marzo 2022 Giuseppe
Sbardella
[1] Dirigente
dell’INPS in pensione, membro del Movimento dei Focolari, sempre rivolto ad
aiutare gli “ultimi”, ideatore delle mense di soccorso ai poveri e ai rifugiati
nelle Stazioni Ostiense e Trastevere di Roma, morto nell’estate del 2021.
Nessun commento:
Posta un commento