Pagine

lunedì 27 settembre 2021

E se sono ricco?


 

Riflessioni bibliche sulla ricchezza


Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.” (Matteo 5,3-1)

“a voi ora, o ricchi! Piangete e urlate per le calamità che stanno per venirvi addosso! Le vostre ricchezze sono marcite e le vostre vesti sono tarlate. Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori negli ultimi giorni. Ecco, il salario da voi frodato ai lavoratori che hanno mietuto i vostri campi grida; e le grida di quelli che hanno mietuto sono giunte agli orecchi del Signore degli eserciti. Sulla terra siete vissuti sfarzosamente e nelle baldorie sfrenate; avete impinguato i vostri cuori in tempo di strage”. (Giacomo 5,1-5)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. (Matteo 6, 19-21)

Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu sai i comandamenti: "Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre"». Ed egli rispose: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù». Gesù, guardatolo, l'amò e gli disse: «Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni. Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!» I discepoli si stupirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: «Figlioli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio».  Ed essi sempre più stupiti dicevano tra di loro: «Chi dunque può essere salvato?»  Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio». (Marco 10, 17-31)

Nessun domestico può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona» (Luca 16,13)

Venne Giuseppe d'Arimatea, illustre membro del Consiglio, il quale aspettava anch'egli il regno di Dio; e, fattosi coraggio, si presentò a Pilato e domandò il corpo di Gesù. (Marco 15,43)

In un precedente testo ( https://giuseppesbardella.blogspot.com/2021/09/noi-e-gli-ultimi.html ) ho messo in rilievo come, a mio parere, la “scelta preferenziale verso i poveri” operata dalla Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II debba essere intesa nel senso che il Cristiano debba vedere la realtà sociale con gli occhi e con la mente del povero, avere la loro stessa visione del mondo e, di conseguenza, desiderare e costruire la società che il povero sogna.

Che pensare allora della ricchezza?
Gesù dichiara beati i poveri (Matteo 5,3-1) e il termine beati secondo alcuni può essere tradotto con “il Signore è vicino a…”, sia nel Vecchio Testamento (si legga, ad esempio il profeta Amos) sia nel Nuovo Testamento non mancano (tutt’altro!) i testi che condannano la ricchezza (Lettera di Giacono 5,1-5, Vangelo di Marco 10,17-31, Vangelo di Luca 16,13, solo per citarne alcuni riportati all’inizio di questa riflessione.

Sembra quasi che un ricco sia impossibilitato a raggiungere la pienezza del suo essere uomo secondo il disegno di Dio su di lui (in questo senso si può interpretare il termine “salvezza”), pare che debba essere oggetto ineluttabilmente di una condanna irrevocabile. Che il suo destino sia segnato…

Eppure..

Eppure è lo stesso Gesù che, rispondendo ai discepoli, un po’ angosciati al pensiero che nessun ricco possa salvarsi (forse qualcuno di loro si sente ricco…), afferma “ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio”.
Eppure gli stessi Vangeli ci parlano di alcune persone, amici o discepoli di Gesù, che non possono essere annoverati fra i poveri, gli ultimi; Maria, Marta e Lazzari, amici di Gesù hanno una casa, una tomba, non possono essere considerati poveri, Giuseppe d’Arimatea, seguace di Gesù e che gli donò la sua tomba, è definito “illustre membro del Consiglio” non sicuramente un ebreo qualunque!

E allora, quali sono le modalità con le quali un ricco può raggiungere la pienezza del disegno di Dio su di lui, come può diventare seguace, amico, di Gesù?

Innanzitutto il Vangelo ci mostra come Gesù preferisca andare verso gli ultimi, allietare le loro sofferenze, mostrare loro la sua predilezione…. Ma non sbatte la porta in faccia ai ricchi, cammina anche verso di loro chiedendo che diventino poveri in spirito.

Epulone (leggi Luca 16-19,31) è la figura ideale, classica, del ricco che non condivide, vuol tenere tutto per sé, accumula (leggi Matteo 6,19-21) beni su beni.

Questo termine “accumulare” ripetuto sia nel brano anzidetto di Matteo sia nella lettera di Giacomo riportata all’inizio (“Avete accumulato tesori…”) può essere oggetto di riflessione.

Accumulare vuol dire avere dentro di sé il tarlo della incertezza e della insicurezza verso il futuro, volere sempre più cose (beni materiali, cultura, intelligenza, potere, successo, fama..) confidare che la sicurezza e la salvezza si avvicinino (senza però farsi mai raggiungere) nella misura in cui si possieda di più.
Colui che accumula ha il suo “tesoro”, il suo “cuore” nella ricchezza, non ha spazio per altro, tantomeno per Gesù a meno che non lo si “cosizzi” lo si separi dalla sua Paola, lo si faccia oggetto di devozioni e di riti impetratori.

Dal messaggio di Gesù sembra evincersi che la sua condanna non è verso i ricchi, ma verso i ricchi che pensano ad accumulare sempre di più.
E’ giusto avere quanto necessario per una vita dignitosa per sé e per i propri cari, è giusto avere risorse per sviluppare la propria azienda, dare lavoro e una giusta remunerazione, conseguire un equo profitto.
Ma il ricco che è “povero in spirito” è colui che non è roso dal tarlo della accumulazione, è capace di condividere con chi ha meno, sa donare con serenità il “superfluo” ben comprendendo che  questo termine non significa dare ciò che avanza quando si sono soddisfatti tutti i propri bisogni e quelli dei propri cari. Il superfluo dipende anche dal livello di vita dei poveri che ci sono vicini. Non possiamo soddisfare altri bisogni che non siano essenziali se chi ci è vicino manca dell’essenziale per vivere.
Certo si tratta di usare il giusto discernimento.
Non si può, ad esempio, far fallire un’azienda e far perdere ai nostri dipendenti il posto di lavoro per condividere i nostri beni con chi è povero, sarebbe preferibile forse coinvolgere anche i dipendenti per uno sforzo comune verso una certa condivisione.

E’ ricco, ma povero di spirito che è capace di condividere, chi ha il coraggio per rinunciare alle sirene del consumismo e condurre una vita all’insegna della sobrietà, della solidarietà, del rispetto verso l’ambiente naturale.

 

Roma 27/09/2021

Giuseppe Sbardella


Nessun commento: