Giorni fa ho scritto questa frase sul mio profilo Facebook:
“Più che a schierarci dalla parte
degli ultimi, Gesù ci invita a guardare il mondo con gli occhi degli ultimi”.
Questa espressione condensa la parte finale di un percorso
che è durato, lungo la mia esistenza, fino ad ora.
Con l’aiuto di biblisti e teologi vicini alla Compagnia di Gesù (n particolare
i compianti U. Vanni e S. Fausti) e il Movimento dei Focolari (in particolare
P. Coda e G. Rossé) ho approfondito cosa volesse significare quella “scelta preferenziale dei poveri” che
accompagna la Chiesa cattolica dai tempi del Concilio Vaticano II.
Gesù parla continuamente dei poveri, degli ultimi, per usare un termine più
attuale.
“Beati i poveri”, “I poveri li avrete sempre con voi”, “gli ultimi saranno i
primi, i primi saranno ultimi”, “qualunque cosa avete fatto a questi ultimi fra
voi, l’avete fatto a Me”…. e così via.
Le frasi appena scritte sono state citate a memoria, non c’è bisogno di cercare
con inquiry apposite sul web le frasi nelle
quali nei Vangeli viene citato il termine “povero”, ultimo”, “piccolo”, perché
i Vangeli ne sono pieni, è il motivo ricorrente del gioioso annuncio.
Gesù non si è limitato a parlare, si è anche comportato
costantemente da ultimo.
Tanto per fare esempi, ha iniziato il suo cammino mettendosi in fila per
ricevere il battesimo di Giovanni, non ha mai voluto essere chiamato Rabbi
(Maestro), non ha posseduto soldi se non quelli necessari per vivere
(provenienti da una comunione dei beni), è entrato a Gerusalemme, non come re
su carro trainato da un cavallo bianco, ma come una persona normale in dorso ad
una asina, ha amato e dato peso ai bambini e alle donne (stimati irrilevanti
all’epoca)…
Tutto il suo comportamento è stato da ultimo ed ha avuto il suo culmine nella
crocifissione, la morte più ignobile, da ultimo
fra gli ultimi.
Come interpretare questo suo pensiero insistente sugli
ultimi?
Alcuni, partendo dalla sua frase “i poveri li avrete sempre
tra voi” (Mc 14,7) ritengono che non bisogna affannarsi in soluzioni durature e
strutturali (tanto il problema è irrisolvibile…), occorre fare del bene a loro,
un panino, l’elemosina, un pranzo occasionale… (magari a Natale!), senza
illudersi e illuderli troppo.
Con tutta franchezza mi sembra che queste persone siano fuori strada. Dal
complesso delle parole e del comportamento di Gesù risulta non tanto che lui
inviti a spendere qualcosa per i poveri, ma piuttosto che lui inviti a spendersi per i poveri.
Altri pensano che l’atteggiamento di Gesù sia quello di schierarsi dalla parte dei poveri.
Questa riflessione mi piace di più, la condivido, ma non con il retro-pensiero
(che talvolta è presente) che Gesù sia dalla parte dei poveri contro la parte
dei ricchi.
Gesù ha avuto amici e seguaci anche tra i ricchi, Lazzaro non era certamente un
povero, neppure Giuseppe d’Arimatea lo era.
E’ vero che ha detto “è più facile per un cammello entrare nella cruna di un
ago che per un ricco entrare nel Regno dei cieli” ma, agli apostoli che ne
deducevano l’impossibilità della salvezza per i ricchi, ha risposto “ciò che è
impossibile agli uomini, è possibile a Dio”.
L’uomo non deve mettere la ricchezza al centro della sua vita, ma entrerà nel
Regno se userà la ricchezza secondo i disegni di Dio.
E allora come interpretare correttamente la opzione
preferenziale verso i poveri espressa da Gesù?
A mio avviso c’è una strada…
Ognuno di noi ha vissuto la propria esistenza in dei
contesti familiari (uno o più…), ha frequentato determinati ambienti lavorativi
e sociali, ha stretto determinate amicizie, ha assorbito certe spinte
culturali,…, si è conformato ad un certo stile di vita, si è creato a poco a
poco una propria visione del mondo,
(scala dei valori ai quali ispirarsi, modalità di azione da usare, tipi di
persone con cui entrare in contatto, beni da preferire rispetto ad altri…).
La nostra visione del mondo orienta i nostri comportamenti, il nostro
rapportarsi con le persone e con le cose
Rientra in tale visione del mondo il nostro modo di come desiderare che sia strutturata la società.
Così chi ama la cultura vorrebbe dei luoghi dove fosse possibile vedere in
mostra opere d’arte, ascoltare conferenze, vorrebbe scuole dove gli studenti
socializzassero tra di loro ma anche imparassero quelle materia che li
mettessero in grado di capire e seguire il senso della loro vita.
Chi ama il divertimento vorrebbe dei luoghi dove potersi divertire in maniera
sana (o, se del caso, sregolata), cinema, discoteche, pub, sale da ballo.
Chi ama lo sport vorrebbe che fosse incrementato il numero e innalzata la
qualità degli impianti sportivi (senza trascurare quelli meno popolari)
E così via…
E allora che ne pensate se interpretiamo l’invito di Gesù a
compiere una scelta preferenziale degli ultimi come l’invito a iniziare a guardare
il mondo, la società, con gli occhi dei poveri, ad acquisire la loro visione
del mondo, a chiedersi come loro vorrebbero che fosse strutturata la società e
a darci da fare per costruirla a misura loro?
Allora forse ci accorgeremmo che non basta (anche se talvolta è necessario…)
dare un panino, fare una elemosina, emettere un ordine di un cospicuo bonifico
ad una Onlus, offrire un occasionale pasto o un letto.
Forse ci accorgeremmo che occorre mettere in atto quella che Papa Francesco
chiama “carità politica” ovvero una tensione di amore che si esprime
nell’edificare “strutture di bene”, ovvero correnti di pensiero, organizzazioni
stabili, luoghi, edifici, scuole che promuovano e diffondano una cultura della
sobrietà e della solidarietà,
Chissà che non sia una società forgiata da una tale cultura che sognano gli
ultimi?
A proposito, la foto
inserita all’inizio è ovviamente provocatoria…
P.S.: Mi accorgo ora che non ho affrontato il problema di
definire gli ultimi. Forse lo farò in un’altra occasione, ma penso che, se ci
guardiamo dentro la coscienza, riusciamo subito a capire chi sono i veri ultimi.
22/09/2021
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