Il cristianesimo consente una concezione del dolore che si potrebbe definire evolutiva: non come espiazione dei peccati, non come fonte di meriti per la vita che verrà, ma come legge di progresso e crescita verso la vera identità della persona umana.
E’ da ripensare in questa prospettiva il capitolo ottavo della Lettera ai Romani (8,22 e seguenti): “Sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto: essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del proprio corpo. Perché nello Spirito noi siamo stati salvati”.
(tratto da A. Paoli “Le beatitudini, uno stile di vita”, pag 33, Cittadella Editrice, 2007).
Buona settimana
2 commenti:
Caro Giuseppe,
mi ricordo tempo fa una bellissima omelia di un sacerdote santo, (Don Angelo della parrocchia San Marco a Piazza Venezia), e tra i vari punti mi colpì questo:
In occidente il dolore si supera con la distrazione. In oriente il dolore si supera con la concentrazione. Per noi cristiani, invece nel dolore si passa attraverso: solo vivendolo si comprende e si prende la croce.
Un abbraccio
sai benissimo il valore del dolore, e non ti elenco i testi che confermano la sua validità.
Ma possiamo discutere sulle sfaccettature.
Ciascuno ne ha una.
Per esperienza personale, o perché colpito da una definizione con la quale prima o poi dovremo fare i conti.
Te ne dico una soltanto:
Il dolore distilla l'anima tra un sorriso ed una lacrima....
prima che la nostra Patria Celeste ne tergerà ogni goccia.
Posta un commento