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sabato 15 agosto 2009

Buona settimana (un lavoro decente .... )

Nel paragrafo 63 della Caritas in veritate il Papa parla della “decenza” del lavoro (dove per decenza, frutto forse di una infelice traduzione, si intende “dignità” o “decoro”).

Che cosa significa la parola « decenza » applicata al lavoro? Significa un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa.

Questa della decenza del lavoro è una sfida agli imprenditori affinché la pratichino e ai lavoratori affinché lottino per conseguirla. Una sfida che impegna tutti, credenti e non, sull’unica frontiera della dignità della persona umana.

Ne vogliamo discutere sul blog http://giuseppesbardella.blogspot.com ?

Buona settimana

4 commenti:

Don G. R. ha detto...

Bello!!

Pompeo S. ha detto...

riflessione a latere:

Se un giorno ti verrà rimproverato che il tuo lavoro non è stato fatto con
professionalità, rispondi che l'Arca di Noé è stata costruita da dilettanti e
il Titanic da professionisti....
C’hai presente il diluvio?
Ma in quella circostanza c’era un Capo Cantiere d’eccezione: Dio!

buon lavoro

Pompeo

Grazia Maria F. ha detto...

Ciao Giuseppe!!!
Buona settimana anche a te! Cercherò di lavorare “decentemente”!!!
Grazia

Furio P. ha detto...

Caro Giuseppe,
a proposito della questione della "decenza", sto studiando in questo periodo alcuni autori, sociologi soprattutto, che hanno proposto, già da alcuni anni, l'idea di un "reddito di cittadinanza"; il loro ragionamento in estrema sintesi è questo: viviamo in un'epoca in cui anche la condizione lavorativa (che non è di tutti) non garantisce dalla povertà (negli USA sono sempre più i cosiddetti "working poors" ed anche in Europa questo "spettro" è apparso in tutta la sua consistenza); eppure, le nostre società sono in grado di produrre "surplus" - perché, allora, non stabilire un minimo garantito a prescindere dalla condizione lavorativa, sotto forma di "bonus" oppure di restituzione di tasse, o altro ancora, che potrebbe generare, oltre tutto, un più saldo legame dell'individuo con la comunità socio-politica di cui fa parte?
Leggo questa suggestione alla luce dell'economia di comunione; la proposta di un reddito di cittadinanza potrebbe esserne la forma "secolare"? Mi piacerebbe parlarne con te.
A presto

Furio