Il mediatore è il professionista
che esercita la “Mediation”. Uso questo termine inglese per distinguere
In termini più semplici il Mediatore
è il professionista della costruzione della pace. Professionista diverso
da altri come l’avvocato, il notaio, il giudice, anche se ugualmente inserito
nel contesto giuridico, professionista perché persona particolarmente esperta
particolarmente nelle tecniche di negoziazione ma in possesso di nozioni
approfondite di diritto, sociologia, psicologia, scienza della comunicazione.
Ho parlato di pace (ma forse
potrei anche parlare di “unità”) perché
Infatti
Non è questa la definizione
anche di pace?
Il mediatore, per aiutare le
parti a raggiungere questo risultato, utilizza le proprie tecniche
professionali, aiuta le parti a superare i rispettivi punti di vista e posizioni
negoziali ed a fare emergere i loro reali, ma spesso nascosti, desideri e
interessi. Il più delle volte si viene a scoprire che i rispettivi desideri e
interessi non solo non sono così contrapposti come apparirebbe dalle posizioni
intraprese, ma sono invece integrabili in una soluzione che vada oltre la
transazione (le “reciproche concessioni”) e si esplichi in un accordo creativo
ed innovativo che supera la materia specifica del conflitto tenendo conto anche
di altre opportunità di cooperazione tra le parti.
Il mediatore, a differenza del
giudice, non formula giudizi o sentenze ma fa domande, stimola riflessioni,
al massimo fornisce consigli o suggerimenti. Neppure attribuisce diritti e
torti, ma aiuta le parti a ricercare la soluzione più appropriata per il loro
conflitto. Mentre lo sguardo del giudice è rivolto al passato, ai fatti
accaduti, il mediatore invita le parti a guardare al futuro, a far
emergere in loro il desiderio e la convenienza di riprendere e consolidare la
relazione interrotta.
Ben sapendo che l’accordo che
funziona meglio ed è duraturo non è quello imposto dall’alto, bensì quello,
condiviso dalle parti, che realizza i loro interessi, il mediatore punta
decisamente a questo obiettivo.
Ma quali sono gli elementi essenziali
di una procedura di Mediation?
E’ innanzitutto fondamentale (e
ampiamente sottolineato dalla dottrina in materia) che le parti volontariamente
accedano alla Mediation e volontariamente la continuino. Deve restare sempre
garantito alle parti il diritto di interrompere la procedura in qualsiasi
momento anche senza fornire motivazioni e comunque senza penalizzazioni. In
questo contesto è essenziale la presenza di consulenti delle parti
(generalmente avvocati o commercialisti) che le aiutino anche a superare i
momenti di difficoltà e a tenere fisso l’obiettivo di un accordo condiviso e
duraturo.
Può aiutare le parti in questa
perseveranza la consapevolezza di essere coinvolti in una procedura
generalmente più veloce e più economica
di quella giudiziaria.
Vale la pena di sottolineare che
le parti spesso non utilizzano
Altro elemento essenziale della
procedura è la riservatezza. Le informazioni e i dati scambiati durante le
sessioni congiunte fra le parti e il mediatore non potranno essere utilizzate
in un eventuale successivo giudizio; inoltre le informazioni e i dati forniti
da ciascuna parte al Mediatore durante le sessioni private, saranno dal mediatore
tenute riservate per la ricerca di una soluzione e non potranno essere
divulgate all’altra parte senza un espresso consenso preventivo della parte
interessata.
La riservatezza è fondamentale
per spingere la parte, assistita dai consulenti, ad andare oltre la sua
posizione e fornire al Mediatoretutti gli elementi (anche meramente comportamentali,
o elementi a lei sfavorevoli, o potenziali aperture) che non avrebbe potuto
dire in sessione congiunta con l’altra parte se non indebolendo la sua
posizione. La riservatezza permette invece al Mediatore di avere una visione
più ampia del conflitto in essere e di stimolare le parti a generare
alternative condivise e risolutive.
Da queste brevi considerazioni
sulla Mediation (che in Italia viene comunemente chiamata conciliazione
stragiudiziale “esoprocessuale”) si evince come la volontarietà e la riservatezza
mal si concilino con un tentativo obbligatorio di mediazione se non, e non è
superfluo ripeterlo, nella misura in cui questo tentativo venga limitato ad una
seria informazione (da parte del mediatore) sulla procedura di Mediation
lasciando impregiudicato il diritto della parte, una volta informata, di non
accedere alla procedura.
Il grosso rischio della Mediation
(o della conciliazione esoprocessuale) è che la stessa sia utilizzata da una
parte con fini dilatori, pregiudicando in tal modo gli interessi dell’altra
parte.
Proprio per ovviare a questo
inconveniente la legislazione italiana sulla conciliazione “endoprocessuale”
(in particolare il D. LGS 5/2003 in tema conciliazione societaria e l’art. 62bis del
d.l. 1141bis) sta sempre più spesso prevedendo il potere del conciliatore di
esprimere una valutazione sulle posizioni delle parti, ipotizzando conseguenze
processuali (in tema di attribuzioni delle spese giudiziarie) sulla parte che
non accedesse a tale valutazione, qualora ripresa nella decisione del giudice.
Questa soluzione legislativa,
mentre può essere efficace contro le tattiche dilatorie, attenua
sostanzialmente l’elemento della riservatezza e spinge le parti ad evidenziare
con il mediatore solo gli elementi a loro favorevoli, depotenziando così
quell’aspetto fondamentale della Mediation diretto a far sapere al mediatore
tutti gli elementi del conflitto (ivi compresi quelli degli interessi e dei
desideri nascosti). Inoltre, spingendo le parti verso una soluzione
transattiva, sostanzialmente forzata e non pienamente condivisa, vengono
probabilmente trascurati alcuni interessi che restano non soddisfatti e possono
rivelarsi forieri di ulteriori conflitti.
Sembrerebbe invece più “pagante”
escogitare soluzioni nell’ambito della conciliazione esoprocessuale che
potessero essere premianti nei confronti di un atteggiamento collaborativo e
punitive nei confronti di uno dilatorio, fermo restando che il diritto di tutte
le parti di interrompere liberamente
Al fine di stimolare le parti (e
i loro consulenti) ad accedere volontariamente alla Mediation si potrebbe
ipotizzare una detassazione delle spese procedurali e dei compensi dei consulenti
(il mancato gettito fiscale sarebbe ampiamente compensato dalla riduzione della
spesa pubblica giudiziaria) nonché l’attribuzione della esecutività agli
accordi raggiunti dalle parti con l’assistenza dei loro consulenti.
Occorre anche ricordare che
strumento efficace per contrastare l’utilizzo strumentale della Mediation, da
parte di uno dei due contendenti, per ritardarne la soluzione è il diritto
riconosciuto all’altro contendente di interrompere
Rimane comunque fondamentale il
contributo positivo dei consulenti delle parti (particolarmente avvocati e
commercialisti) e il loro rispetto degli obblighi deontologici in merito alla
ricerca della soluzione e della procedura più idonea agli interesse dei loro
clienti.
Termino con una considerazione ed
una curiosità.
Ricordo che
La curiosità: studi approfonditi hanno
accertato che le donne sono migliori degli uomini come professionisti della
mediazione; qualcuno ha idea di quali sono le ragioni di ciò?
Roma 12 dicembre 2008
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