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domenica 17 ottobre 2021

La Chiesa e il "sonno dogmatico"


 La Chiesa e il sonno dogmatico

Chi ha studiato un po’ di filosofia certo si ricorda il fatto che Immanuel Kant avesse dichiarato di dover ringraziare David Hume per averlo svegliato dal “sonno dogmatico”.
Con tale espressione intendeva riaffermare la sua capacità critica rispetto ai “dogmi” espressi dalla precedente dottrina filosofica, superando il particolare il dogma della legge di causalità.

Svegliarsi dal sonno dogmatico significa infatti superare un paradigma, largamente diffuso, di comprensione dei fatti e di giudizio degli stessi per sostituirlo con un altro, ampiamente diverso ma con una capacità di analisi e di azione ben più efficace.

Mi è venuto da pensare a questo mentre riflettevo sull’azione di rinnovamento ecclesiale intrapresa e, ora, quasi accelerata da Papa Francesco.

La Chiesa cattolica si è concentrata per secoli sul modo migliore di creare un sistema completo e coerente intorno alla Buona Novella di Gesù.
I suoi Padri (Girolamo, Basilio ecc.), i suoi filosofi maggiori (Agostino, Tommaso), i loro eredi nel corso dei secoli hanno lentamente elaborato dei dogmi (Trinità, Incarnazione, Verginità, Immacolata, Assunzione….) e da essi hanno tratto una antropologia “cristiana” e criteri di comportamento netti e chiari (chi non ricorda i recenti “valori non negoziabili” proclamati da Benedetto XVI?).
Su questo sistema dogmatico è ben chiara l’influenza originaria della cultura ellenica e romana, si può dire con serietà che il cristianesimo che finora abbiamo conosciuto è frutto dell’incontro fra la Buona Novella e la cultura greco-romana, frutto che ha interessato sia la Chiesa cristiana di Occidente e di Oriente sia le Chiese (o comunità che dir si voglia) protestanti.
L’apice di questa sistematizzazione avvenne nel 1870, nell’ambito del Concilio Vativano I che proclamò l’infallibilità del Papa.
Nemmeno 100 anni dopo il Concilio Vaticano II iniziò l’opera di revisione di questo sistema dogmatico.
La visione della Chiesa come Popolo di Dio in cammino e non come societas minus quam perfecta, il riconoscimento del principio della libertà religiosa, l’ecumenismo, il riconoscimento che anche la Chiesa debba imparare dal mondo, il nuovo ruolo assegnato ai fedeli laici il riconoscimento dell’autonomia delle realtà temporali, il nuovo corso della liturgia con la maggior partecipazione del Popolo di Dio, rappresentano gli elementi fondanti per l’elaborazione di una nuova visione.

Si rimaneva peraltro pur sempre ancorati al precedente paradigma, basato sulla cultura greco-romana e su una costruzione dogmatica.
Si trattava di un rinnovamento senza cambiamento di paradigma, un rinnovamento consolidato durante il pontificato di Paolo VI, il Papa che aveva seguito la parte principale e la conclusione del cammino conciliare.
I successivi Papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI (l’influenza di Giovanni Paolo I è stata minima), spaventati dalla confusione che le novità conciliari stavano creando nei cattolici, hanno cercato di limitarle in ogni modo possibile. Di qui la riaffermazione del primato della gerarchia, l’elaborazione di un progetto culturale cristiano e di una antropologia cristiana, la precisazione di alcun valori non negoziabili.
Era pienamente ristabilito il metodo deduttivo di origine greco-romana: prima si fissano i dogmi, i principi teorici fondamentali e poi si stabiliscono, di conseguenza, i comportamenti da seguire.

Nel 2013 l’elezione di Francesco ha cambiato le carte in tavola.
Diversi fatti già parlavano chiaro all’atto delle elezione e subito dopo.
In primo luogo, fatto unico senza precedenti nella storia della Chiesa di Roma, la scelta di un gesuita (la Compagnia di Gesù ha quasi sempre rappresentato l’avanguardia teologica e pastorale del cattolicesimo) come Papa.
In secondo luogo la circostanza che il Cardinal Jorge Bergoglio, eletto Papa, abbia deciso di farsi chiamare con il nome, altamente rievocativo e profondamente significativo di Francesco.
Era evidente che la Chiesa di Roma stava svoltando. Ma in quale direzione?

Le prime prese di posizioni fornirono alcuni chiari indizi.
Nelle intervista concessa, nella settimana successiva alle elezioni, al Direttore di Civiltà cattolica, Francesco affermò con tanta serenità, ma con altrettanta forza, che la verità era un cammino, un qualcosa (o un Qualcuno?) che si scopre quando ci si pone in un aperto atteggiamento di relazione.
Era la chiara sconfessione di una concezione di verità come un insieme di concetti, di idee (diciamolo anche, di dogmi) già belli che pronti per l’uso, calati dall’altro e da accettare nella ubbidienza della fede.

Pochi mesi dopo veniva pubblicata l’Esortazione apostolica “Evangelii gaudium” nella quale Francesco esponeva quelle che sarebbero state le linee portanti del suo pontificato, che sarebbero state poi sviluppate, negli anni a seguire, in molteplici encicliche, discorsi, dichiarazioni:

1.    l’opzione preferenziale verso i poveri;

2.    una visione ecologica integrale che univa insieme l’attenzione all’essere umano con quella all’ambiente;

3.    la visione di una Chiesa, non asseragliata nelle istituzioni, ma “in uscita”, una Chiesa “ospedale di campo” per curare i mali dell’umanità;

4.    la riaffermazione dell’importanza del concetto di popolo, quale insieme di fedeli in possesso del “sensus fidei” e la lotta ad ogni clericalismo;

5.    il richiamo ad un comportamento coerente improntato alle virtù della sobrietà e della solidarietà;

6.    la visione del compito della Gerarchia come servizio piuttosto che come autorità;

7.    la lotta ad un sistema economico che, tramite le strutture di peccato, “scartava” gli esseri umani incapaci di adeguarsi ai bisogni della produzione;

8.    il primato dato alla misericordia, sempre e ovunque, più che al giudizio;

9.    l’enfasi sulla fratellanza universale e sulle differenze come fonte essenziale di ricchezze reciproche.

Si trattava di un completo cambio di paradigma, da una Chiesa attenta alla difesa dei dogmi e dei valori etici non negoziabili, ad una Chiesa attenta alle esigenze concrete di ogni uomo, a partire sa quelli più deboli e senza difesa.
Si sostituiva al metodo deduttivo (partire dai dogmi e dai principi per plasmare, sulla base di questi, la realtà sociale) il metodo induttivo ovvero leggere i “segni dei tempi” e farsi interrogare da essi per trovare soluzioni ai problemi umani adeguate e non in contrasto con il messaggio evangelico.
Era, anzi è, una vera sveglia dal sonno dogmatico nel quale per secoli si era addormentato il cattolicesimo.
Dopo Francesco di Assisi, un altro Francesco prendeva l’iniziativa, con i gesti e con le parole di dare una scossa ai fedeli cristiani.

Saremo noi, aspiranti cattolici in grado di accogliere l’invito di Francesco a svegliarci dal sonno dogmatico, ad accettare questo cambio di paradigma e questa svolta e ad assumere stili di vita conseguenti e coerenti?
Se non saremo noi, chi verrà dall’oriente e dall’occidente a prendere il nostro posto, come dice Gesù?

 

Roma 17/10/2021

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