Monti vuol ridurre le tasse.
Una giravolta elettorale? perché non l'ha fatto prima?
Sono domande legittime ma forse qualcuno dimentica che quando Monti andò al Governo nel novembre 2011:
1) avevamo solo 1-2 mesi di liquidità per pagare gli stipendi pubblici;
2) lo spread era a più di 500, cioè per prendere denaro in prestito dovevamo pagare un tasso 5 volte più alto di quello che doveva pagare la Germania;
3) la teoria economica che dominava i mercati internazionali era quella di dare la priorità alla sistemazione dei bilanci nazionali.
Un Governo assennato poteva in questa situazione ridurre le tasse? avrebbe significato il fallimento del Paese, l'impossibilità di non poter pagare gli stipendi, una inflazione sopra il 20%, un avvitamento rapido e diffuso verso una situazione di povertà, un rischio di secessione del nord e di guerra civile.
Il Governo Monti, imponendo duri sacrifici agli italiani (che ne hanno compreso la necessità):
1) ha messo sotto controllo le finanze pubbliche;
2) ha ridotto lo spread sotto i 300 punti;
4) ha collaborato alla instaurazione di una nuova sensibilità economica più attenta alla necessità della crescita.
In una situazione come questa, ora, non prima, si è aperto lo spiraglio per una possibile riduzione della pressione fiscale.
Non quindi giravolte o promesse elettorali, ma semplicemente la riflessione di un leader abituato a ragionare e a tenere conto della dura realtà internazionale nella quale siamo immersi.
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