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martedì 9 agosto 2011

Bene comune, ... ma di che parliamo?

Si parla tanto di bene comune. Forse può essere utile riportare, senza alcuna pretesa di essere esaurienti, pochi ma mirati brani sul bene comune tratti da alcuni documenti e da un importante economista (spesso controcorrente).

Si tratta solo di stimolare la riflessione. Ad esempio perché, per chi vuole ampliare la propria conoscenza non andare a leggere quello che scrivono sul bene comune pensatori come Sturzo, Rosmini, Maritain?

Cominciamo con la definizione del bene comune data dal Concilio Vaticano II (Gaudium et spes, 26):

"l’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono nei singoli membri, nelle famiglie e nelle associazioni il conseguimento più spedito e più pieno della loro perfezione".

Il Compendio della DSC (paragrafo 164) aggiunge:

“Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l’agire morale del singolo si rralizza nel compiere il bene, così l’agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune infatti può essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale”.

E al paragrafo 165:

Una società che, a tutti i livelli, vuole intenzionalmente rimanere al servizio dell'essere umano è quella che si propone come meta prioritaria il bene comune, in quanto bene di tutti gli uomini e di tutto l'uomo. La persona non può trovare compimento solo in se stessa, a prescindere cioè dal suo essere « con » e « per » gli altri.

E ancora quasi a conclusione (par.167):

Il bene comune è conseguente alle più elevate inclinazioni dell'uomo, ma è un bene arduo da raggiungere, perché richiede la capacità e la ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio.

La Caritas in veritate (par. 7) precisa:

“Bisogna poi tenere in grande considerazione il bene comune. Amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso. Accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. E’ il bene di quei “noi-tutti” formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Non è un bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene.

Secondo Stefano Zamagni (L’economia del bene comune”, Città Nuova 2007, pag. 12) “...il bene comune non va confuso né con la somma dei beni privati né con il bene pubblico. Nel bene comune il vantaggio che ciascuno trae per il fatto di far parte di una comunità non può essere scisso dal vantaggio che altri pure ne traggono. Come a dire che l’interesse di ognuno si realizza insieme all’interesse degli altri, non già contro (come accade per il bene privato) né a prescindere dall’interesse degli altri (come succede con il bene pubblico). In tal senso “comune” si contrappone a “proprio” come “pubblico” si contrappone a “privato”.

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