Pagine

venerdì 5 febbraio 2021

Il miraggio del nasone (perché i migranti continuano a venire in Italia...)

 



Il miraggio del “nasone”

Mi sono sempre chiesto cosa è che spinge centinaia di migliaia di africani e asiatici a lasciare le loro città e i loro villaggi, ad affrontare viaggi pieni di pericoli sulla terraferma, di rischiare la morte di annegamento nel mediterraneo, pur di giungere in Italia.
Possibile, mi sono chiesto, che in un mondo globale e connesso come il nostro, non abbiano visto le immagini dei loro connazionali magri, sdraiati a dormire sui marciapiedi vestiti con abiti di fortuna, oppure in fila per un piatto di cibo alle mense della caritas o ad aspettare il panino portato dalle organizzazioni di volontariato? che non abbiano visto le donne condotte a prostituirsi o gli uomini più robusti lavorare come bestie sui campi con un salario di mera sopravvivenza?
Vale la pena affrontare viaggi densi di percoli, per una vita come questa?

Qialche lume mi è venuto dal racconto che una persona in divisa (per motivi di privacy non posso fornire maggiori informazioni), sicuramente non un “buonista” mi ha fatto qualche settimana fa.
“Stavo di pattuglia quando mi sono imbattuto in un gruppo di africani assembrati in un piccolo locale puzzolente e sono intervenuto per farli allontanare.
Ne ho riconosciuto uno in particolare.
Nel corso dei miei giri di controllo del territorio avevo avuto modo di parlare con lui, sapevo che era il loro leader e che questa sua supremazia derivava dal fatto che era figlio di un capo tribù africano.
Non mi sono potuto trattenere dal chiedergli: <<ma non vedi in che condizioni vivete qui? Perché non dici a tuo padre e agli altri capi tribù di bloccare questa emigrazione verso una vita disumana se non verso il suicidio.>>
Lui mi ha risposto: <<sai, mio padre non voleva che io partissi, ma io sono scappato e sono riuscito ad arrivare in Italia. Nel mio villaggio ogni mattina i maschi adulti andavano nella foresta o al villaggio più grande (a 5 ore di distanza) a procacciarsi il cibo e qualche volta neppure tornavano.  Le donne si incamminavano per andare a prendere l’acqua ai pozzi a chilometri di distanza e spesso capitava di trovarlo secchi… e senza acqua non si vive!
Qui in Italia comunque riusciamo in qualche modo a mangiare, coltiviamo la speranza di trovare un lavoro e, soprattutto, abbiamo il “nasone”>>  indicandomi ad un centinaio di metri la fontanella storica dei quartieri romani, chiamata nasone per la sua forma.
<<Quando a mio padre ho detto che avevo l’acqua sempre disponibile ad un centinaio di metri non ci credeva. Anzi mi può fare un piacere, ci possiamo fare un selfie lei, in divisa, ed io davanti al nasone? così mio padre sicuramente mi crederà.>>
Io ero abbastanza sorpreso e emozionato, ma ho acconsentito a farci il selfie”
ha concluso il racconto il mio amico in divisa.

Ora mi chiedo e vi chiedo, come possiamo pensare di riuscire a bloccare l’immigrazione di queste persone disperate, affamate ed assetate pronte a tutto pur di raggiungere i nasoni? Pensate sul serio che respingimenti o blocchi navali possano fermare la loro migrazione? Non pensate che, anche se ci riuscissimo almeno in parte avremmo due effetti negativi? il primo di attirarci l’odio di queste etnie con tutte le conseguenze in termini di aumento dei conflitti interetnici, di microcriminalità, se non addirittura di atti terroristici; il secondo di avvertire la nostra coscienza mentre, pensando alla vita di questi esseri umani nella loro terra, ci accusa di omicidio.

Non c’è altra strada se non accoglierli il maggior numero possibile nel nostro Paese e intanto provare ad aiutarli nel loro.
In entrambi i casi la strada non è gratuita, ci toccherà cambiare il nostro stile di vita, puntare a maggiore sobrietà e maggiore solidarietà.
L’alternativa è rinunciare ai retaggi culturali cristiani, illuministici, socialisti della nostra Europa e imboccare un cammino di violenza.

 

Roma 5 febbraio 2021                                                                       Giuseppe Sbardella


Nessun commento: