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lunedì 30 novembre 2020

Cultura del sentiero o cultura della scorciatoia?



In tutti i Paesi occidentali si nota un fervore insolito, una reazione decisa e anche rabbiosa contro le autorità pubbliche colpevoli, secondo una buona parte delle popolazioni, di avere imposto restrizioni ai comportamenti individuali al fine di combattere la pandemia Covid

Proteste, accuse di complotti internazionali, disordini anche violenti ricorrono e sembrano non fermarsi. Mi sono chiesto quale possa essere la radice profonda di questo malessere sociale, una volta appurato, a mio parere, che il rischio Covid è purtroppo esistente e che va affrontato anche con provvedimenti restrittivi dei comportamenti individuali.
Mi permetto di avanzare una traccia di riflessione.

Chi vive o passa le vacanze in montagna sa cosa sono i "sentieri", ovvero percorsi attrezzati per raggiungere determinati luoghi, generalmente ad una altezza superiore a quella di partenza.
I sentieri sono identificati da un nome e da un numero e vengono classificati in base alla difficoltà e alla lunghezza.

Chi sceglie un sentiero, per raggiungere la meta deve studiare le caratteristiche del percorso ed effettuare un serio discernimento sulla sua età, la preparazione fisica e l'allenamento già fatto, le attrezzature in suo possesso (zaino, bastone ecc.), la preferenza di percorrerlo da solo o in compagnia di amici o di altri appassionati della montagna.
Durante il cammino ci sono delle regole da seguire, il rispetto della natura, l'osservanza delle segnalazioni sul percorso e sulle eventuali difficoltà, il dare la precedenza, nelle strettoie, a chi sale o a chi è comunque in difficoltà, il mantenere un passo e una cadenza compatibile con le proprie caratteristiche fisiche e la prevedibile resistenza alle fatiche.
Quando si inizia a percorrere un sentiero, già si sa che ci saranno momenti nei quali la fatica si farà sentire, nei quali sarà necessario rallentare il passo e anche fermarsi (magari sostando in luoghi panoramici) per poi riprendere il cammino; la voglia di raggiungere la metà sarà lo stimolo capace di farci superare tutte le difficoltà.
L'incontrare, lungo il sentiero, persone che fanno lo stesso percorso (o che lo fanno all'inverso), salutarsi, scambiarsi informazioni è una consuetudine della montagna e un ottimo ausilio per andare avanti.
Potremmo però arrivare anche ad un punto nel quale ci rendiamo conto che proprio non ce la facciamo e che, per salvaguardare la nostra salute o quella dei nostri compagni di viaggio, sarà necessario fermarci e tornare indietro, magari già preparando con la mente un altro tentativo più in là, con un allenamento e con delle attrezzature più adeguati.

Ecco tutto questo può essere definito "cultura del sentiero" e trasposto anche nella vita di tutti i giorni.
Quante volte ci è capitato su darci un obiettivo da raggiungere? un successo nel lavoro, una promozione a scuola, un ragazzo o una ragazza con cui accompagnarci, una amicizia da acquisire o consolidare, una vittoria sportiva, un difetto da eliminare o una virtù da raggiungere...?

Prima di tutto ci si ferma a riflettere, si parla con persone (o si leggono storie di persone) che hanno già raggiunto quell'obiettivo, si approfondiscono le regole, si cerca di comprendere le difficoltà che ci aspettano, si prepara un allenamento (potrebbe essere anche solo mentale o psicologico), si decide se andare da soli o in compagnia, ci si chiede quali strumenti potrebbero essere utili (libri da studiare, tecniche comportamentali da acquisire...)
Durante lo sforzo per raggiungere l'obiettivo si chiede consiglio, si seguono le regole e non si commettono scorrettezze a danno degli altri,  si superano i momenti di difficoltà pensando proprio al piacere di poter conseguire quello che ci eravamo prefissi, ci si ferma per fare il punto della situazione e poi proseguire,  se ci si accorge che non si può continuare, ci si ferma con la fierezza per il tratto già percorso e la voglia di riprovarci in condizioni migliori.

Questa è la "cultura del sentiero", cultura dominante fino ad alcuni decenni fa, quella secondo la quale, per essere promosso dovevi studiare, per avere successo nel lavoro o nell'impresa dovevi impegnarti a lavorare bene e molto, per conseguire qualunque risultato dovevi passare attraverso momenti di fatica, di incomprensione, anche sacrificando alternative piacevoli nel breve termine, puntando a qualcosa di estremamente importante nel lungo termine.
E' la cultura del sentiero che ci chiede il rispetto dell'ambiente, dei diritti altrui, il senso di responsabilità delle nostre azioni, il senso del dovere verso il bene della collettività, la consapevolezza che esistono dei limiti insuperabili. 

Tutto il contrario è la "cultura della scorciatoia".

E' la cultura di chi, in montagna, per arrivare alla meta, evita il sentiero e cerca una scorciatoia magari più breve e più in piano (il che è praticamente impossibile!), oppure domanda se ci si può arrivare in macchina, in funivia o, se ne ha i mezzi, in elicottero.
A chi pratica questa cultura non interessano le interazioni con gli altri, l'ambiente, i panorami, la bellezza di camminare sentendosi parte della natura, il senso umano di provare se stesso e i propri limiti, interessa solo trovare la "scorciatoia" (ovvero il modo più veloce e breve) per raggiungere la meta.

Nella vita di tutti i giorni è la cultura di chi corrompe per ottenere un vantaggio, di chi, per trovare una occupazione, si limita a cercare una raccomandazione, del lavoratore che, per avere un aumento di merito, fa il ruffiano con il suo capo, dello studente che, per essere promosso, cerca di sapere in anticipo le domande, di chi, per accedere a incarichi di prestigio, vende la sua dignità entrando in cordate o gruppi di potere.
E' la cultura di chi vuole evitare la fatica dell'impegno quotidiano, di chi desidera tutto, subito e facilmente, di chi contesta ogni limite a regola al suo comportamento, anche se imposta per il bene comune.
E' la cultura di chi concepisce la libertà come il diritto di fare quello che mi pare e piace, anche ai danni di un altro, finché quest'ultimo non reclama l'invasione della propria sfera di libertà.
E' la cultura di chi nega l'esistenza di un reale ed evidente problema comune (come la pandemia Covid) pur di difendere un preteso diritto di libertà (senza curarsi che più che altro si tratta di un diritto di libertà di infettare).
E' la cultura di chi, rifiutando a priori la fatica dell'impegno nello studio o nel lavoro, contesta anche violentemente il diritto della maggioranza a imporgli delle regole che, in ultima analisi, lo costringerebbero a studiare, a lavorare, ad impegnarsi per raggiungere i risultati. 
E' la cultura del carpe diem, di chi avendo reciso i legami con la sua storia, quella della sua famiglia e della sua collettività, essendo troppo intellettualmente carente per progettare e realizzare un futuro autonomo frutto di sua scelte libere, vive il presente non come uomo libero, ma come consumatore le cui emozioni vengono manipolate da chi ha interesse a vendere i propri prodotti, la propria immagine, la propria ricetta politica.
E' la cultura di chi non si rende che, prendendo sempre scorciatoie, si conduce la propria vita in un vicolo cieco...

Ritroviamo la voglia e la bellezza di percorrere insieme i sentieri di montagna!


Roma 30/11/2020                                                                Giuseppe Sbardella

 

  


1 commento:

Unknown ha detto...

Lì, in mezzo alle due cime avvolte dalle nuvole, c'è il rifugio DEMEZ, è aperto solo in estate, ci si può arrivare sia a piedi ( è una bella e faticosa camminata ) sia con la " bidonvia " !!!! Da lassu, in mezzo a due costoni di roccia, si ammira una spettacolo..." indescrivibile !!!!!....Poi si può proseguire sul lato opposto, in discesa, non sempre agevole, fino al rifugio Venezia,....per proseguire e fare il diro del " Sassolungo "...per raggiungere il rifugio..." Comici "....famosissimo !!!!, e... dove....si mangia veramente bene !!!!...Ma bisogna" prenotare" altrimenti è difficile trovare posto !!!!!....Buona passeggiata !!!