Due anni fa, dopo circa 20 anni sono ritornato a risiedere nel rione Castro Pretorio, là dove sono nato e ho abitato per circa 50 anni.
Il rione, per intenderci, è quello praticamente compreso tra la Stazione
Termini e il Policlinico Umberto I.
Ho trovato una situazione di degrado sociale, materiale, culturale, spirituale
enorme: persone sbandate (sia italiani che immigrati da altri Paesi), strade e
marciapiedi sporchi e dissestati, esercizi commerciali per lo più dediti a vendere
cibo per turisti, Parrocchia praticamente assente, senso di comunità e di
affetto verso il territorio scarsissimo.
Ho trascorso il primo anno impegnato a concludere un trasloco molto faticoso e
a riprendermi dalla sorpresa di aver ritrovato un rione molto diverso da quello
che avevo lasciato, rione sul quale aveva molto lavorato (e mi aveva spinto a
lavorare…) il parroco salesiano focolarino Don Filippo Giua cercando, con varie
iniziative, di “ricostruire il tessuto sociale del quartiere” (parole che
Giovanni Paolo II rivolse ai cittadini di Castro Pretorio nel maggio 1987
durante una visita alla Parrocchia, e che ho sempre considerato come una
missione comune da portare avanti).
Il lockdown dello scorso inverno ha ancora di più
aggravato la questione.
Con alberghi e ristoranti (di cui il territorio, vicino alla Stazione Termini è
pieno) chiusi, con poche persone per strada, quando uscivo per fare la spesa al
supermercato mia moglie ed io avevamo una sensazione di angoscia.
Le uniche persone che si incontravano erano poveri sbandati (italiani e
stranieri) intenti a lavarsi alle fontanelle pubbliche e a chiedere l’elemosina.
Certo i ragazzi di S. Egidio, della Caritas, della Parrocchia si alternavano a
portar loro dei panini ogni sera, ma sempre più mi rendevo conto che dare il
panino è sicuramente utile, ma è solo un palliativo temporaneo, non risolve il
problema alla radice e potrebbe forse anche diventare, in qualche caso e per
certe persone, un pericoloso elemento di autogratificazione e un modo per
tacitare facilmente la propria coscienza.
Avvertivo con chiarezza che tutto lo sforzo compiuto, negli anni ’80, con Don
Filippo, per creare una vera comunità di quartiere, con persone che si
conoscessero, collaborassero, costruissero relazioni di reciprocità, era andato
perduto. Alcuni dei residenti di allora erano morti, altri avevano cambiato
quartiere, i pochi che erano rimasti erano stanchi, disillusi, demotivati.
Compresi, anche su spinta di mia moglie che dovevo fare qualcosa, che, da
pensionato potevo avere quel tempo e/o quell’esperienza di vita che mancava ad
altri.
E poi dovevo dare un senso alla mia vocazione di cristiano laico operante nelle
realtà sociali secondo il carisma di Chiara Lubich e di Ignazio di Loyola.
Mi venne l’idea di creare un gruppo facebook “privato”
(ovvero i cui contenuti fossero visibili solo ai membri) che fosse in grado, in
modo molto riservato, di aggregare persone, di costruire rapporti nuovi fra di
esse, di dibattere sui problemi del quartiere e, magari, di trovare e proporre
soluzioni ad esse.
Sulla base della mia esperienza di lavoro ho creato una “road map” ovvero un
progetto di cammino di comunità, indicando
· obiettivi
da raggiungere,
· problemi
da affrontare,
· enti
da rendere compagni di cammino,
· istituzione
politiche da interfacciare,
· aziende
di servizio con le quali avviare un percorso di collaborazione.
Mi sono confrontato con il caro amico gesuita Padre
Armando Ceccarelli, prima che si trasferisse a Pescara, e lui mi ha raccomandato
di non partire da solo ma di cercare di coinvolgere sin dall’inizio altre
persone, anche poche, esercitandomi nel discernimento, sia personale che
comunitario, per andare avanti.
Ho così iniziato in compagnia di una mia condòmina e di un commerciante del
quartiere.
Ho creato il gruppo facebook “Rifondiamo Castro Pretorio” a fine luglio e, ai
primi di settembre, contava, con mia grande sorpresa, già più di 80 membri.
Ho poi preso contatto con il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri,
molto lieto di avere, nel quartiere, un gruppo di cittadini dotati di senso
civico e vogliosi di collaborare tra di loro e con l’Arma.
L’amicizia con il fondatore di un preesistente Comitato di quartiere (che
purtroppo stava esaurendo la propria forza propulsiva iniziale) mi ha permesso
di avere contatti con alcuni Consiglieri Municipali di diversi partiti e con
l’AMA (Azienda che cura la pulizia di Roma).
Attraverso altri amici personali sono giunto ad avere rapporti con la Presidente
del Municipio e con alcuni parlamentari nazionali di diversi partiti.
Abbiamo anche avviato una relazione con l’Associazione “Per Roma” che ha
l’obiettivo di costituire e sostenere progetti per la riqualificazione della
città.
Importante è stato anche l’arrivo di un nuovo Parroco, più motivato e mobile
rispetto al precedente che era afflitto da problemi di salute.
A 8 mesi dalla costituzione, il gruppo “Rifondiamo Castro Pretorio” conta oggi
225 membri e sta implementando diverse iniziative fra le quali:
1. una
serie di “passeggiate” aventi il duplice scopo di far conoscere aspetti nuovi e
interessanti nel quartiere e, nel contempo, approfondire la conoscenza
reciproca e l’aumento dello spirito comunitario;
2. una
azione di sensibilizzazione sui cittadini sulla esigenza di una maggiore
attenzione alla raccolta differenziata e il posizionamento, da parte dell’AMA,
di numerosi nuovi cestini sul territorio;
3. l’istituzione
di un Ecomuseo, con la tensione a valorizzare gli aspetti positivi del
quartiere;
4. la
collaborazione con i Carabinieri per assicurare un maggior controllo sul
territorio per prevenire e reprimere azioni contro la legalità;
5. l’avvio
di contatti con diversi parlamentari, di partiti differenti, rivolti a
sensibilizzarli sull’esigenza di un piano concreto nazionale per il sostegno e
il recupero sociale dei senza fissa dimora, con la creazione di strutture e
equipes in grado di ospitare, recuperare e riqualificare per avviare al lavoro
queste persone in gravi difficoltà.
L’occasione per una maggiore spinta emotiva ci è stata
data dall’aver scoperto che questa parte del territorio venne abitata nel 21-22
dopo Cristo, allorché l’imperatore romano Tiverio vi costruì le caserme dei
Pretoriano (Castra Praetoria), per cui, praticamente, quest’anno ricorre il
bimillenario del quartiere.
Durante il percorso ho incontrato tante persone di
buona volontà (una signora decisa a ravvivare la sensibilità culturale dei residenti,
una archeologa che ho scoperto essere la figlia di un mio Dirigente sul luogo
di lavoro, commercianti decisi ad abbandonare l’ottica di pensare solo al loro
esercizio e di abbracciare il senso del bene comune, una avvocatessa molto
determinata…), trovando sicuramente una maggiore sensibilità fra le donne.
Ho anche dovuto affrontare momenti di difficoltà di fronte a diversità di
opinioni politiche fra i compagni di percorso, sensazioni di solitudine, di
insuperabile immensità del compito che mi sono assunto. In questi momenti
l’esperienza di vita passata e la fiducia in un Dio amore che non abbandona mai
(nonostante le apparenze contrarie) mi hanno dato la forza di continuare.