Personalismo di popolo?
Al paragrafo 41
dell’enciclica Fratelli tutti si legge questo brano:
“ (omissis) ,,,è anche vero che una persona e un popolo sono fecondi solo se
sanno integrare creativamente dentro di sé l’apertura agli altri,”
La sua lettura può forse dare lo spunto per una interpretazione innovativa del
personalismo che permetta di puntare l’attenzione non più sulla nozione di
persona, quanto piuttosto di popolo.
Volendo
semplificare al massimo il personalismo è quella componente di pensiero
(avente tra i suoi principali esponenti i francesi Mounier, Maritain, Ricoeur, il tedesco Guardini e gli italiani La Pira e Sturzo), che ha il suo
fondamento in una precisa concezione antropologica della persona umana quale
essere che si realizza nella misura in cui si apre:
1.
a se
stesso;
2.
al prossimo
che lo circonda;
3.
alla
natura delle quale anche lui è parte;
4.
al trascendente
(che per i credenti assume il nome di Dio, per i non credenti di Mistero, di
Scienza ecc.)
La prima
dimensione (che possiamo definire della profondità) riguarda la
conoscenza di se stesso (la massima socratica “conosci te stesso”), dei propri
limiti, delle proprie capacità, dei propri sogni e desideri.
La seconda
dimensione (che possiamo definire della orizzontalità) riguarda il
nostro rapporto con gli altri, da considerare soggetti con i quali interloquire
e la cui diversità è un arricchimento per noi, mai come oggetti da manipolare o
dati immodificabili da studiare.
La terza
dimensione (che possiamo definire della immensità), riguarda il nostro
rapporto con la natura che ci circonda e della quale, contemporaneamente siamo
parti, con un atteggiamento di custodia e insieme di ascolto dei messaggi
insiti in essa.
La quarta
dimensione (che possiamo definire della verticalità) riguarda il nostro
rapporto con il trascendente che i credenti identificano con il loro Dio, i non
credenti con il mistero, l’invisibile, l’inspiegabile e si esprime nelle
domande che ci poniamo sul senso della vita, sulla nostra origine, sul nostro
destino.
Queste quattro
dimensioni sussistono anche nella nozione di popolo di modo tale che si possa
ipotizzare la possibilità di un personalismo di popolo?
In effetti
forse è proprio possibile parlare di popolo solo quando un insieme di persone è
caratterizzato dalla esistenza
contemporanea di queste quattro dimensioni.
La prima di
esse (la profondità) si esprime nella capacità di un popolo di
prendere coscienza della propria storia, delle proprie tradizioni, della
varietà di culture dalle quali è attraversato, delle proprie realtà economiche e
sociali, in una sola parola della propria identità.
La seconda (l’ orizzontalità)
si esprime, da una parte, nella capacità di dialogo fra le persone che lo
compongono, dall’altra nella stessa capacità rivolta ai popoli che lo
circondano e, in un mondo globale a tutti i popoli della terra. Si tratta di
una apertura al dialogo, al confronto senza pregiudizi e schemi precostituiti, che possa, su tali basi, essere di arricchimento reciproco per tutte le parti che
dialogano fra loro.
La terza
dimensione (la immensità) si può declinare nell’attaccamento, che
diventa anche rispetto e in qualche misura culto, al proprio territorio,
alle caratteristiche naturali dello stesso, al sano utilizzo delle risorse fisiche
e della natura per poter vivere una esistenza a misura di uomo lasciando integro e pienamente vivibile il
territorio alla future generazioni. (vedi anche nota in fondo al testo).
La quarta
dimensione (la verticalità) riguarda il modo con il quale questo popolo,
che vive su un preciso territorio, che è consapevole della propria storia, delle
proprie tradizioni, culture, realtà socio economiche, insomma della propria
identità, è capace di proiettarsi in un progetto di crescita e di sviluppo ovvero, lasciatemelo
esprimere così, “sognare” e progettare come comunità il proprio futuro.
Sulla
base di queste quattro dimensioni è possibile pertanto delineare una definizione di popolo
come “un insieme di persone, unito da una forte identità storica-culturale-socioeconomica,
in dialogo fecondo con gli altri popoli, incardinato in un preciso contesto territoriale - ambientale pienamente rispettato, proiettato verso un futuro condiviso”.
Si tratta sicuramente
di una definizione che potremmo identificare come ulteriore espressione del
pensiero personalistico, adattato anche ad un “personalismo di popolo”, ma
potrebbe essere anche una definizione alternativa di quello che, in scienza
politica, viene chiamato “popolarismo”.
Nota: Nel caso dei popoli nomadi, si potrebbe pensare che la dimensione del territorio non esista. Forse invece di tratta di ipotizzare l’idea di un “territorio mobile” che viene identificato con il territorio sul quale, di volta in volta si stabiliscono.