Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. Marta, invece era tutta presa, assorbita, da molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi abbia lasciato sola servire? Dille dunque che mi aiuti.”. Ma Gesù le rispose: “Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le verrà tolta”. (Luca 10,38-42).
“Maria si è scelta la parte migliore, che non le verrà tolta”: che significato può avere una frase così lapidaria se proviamo ad innestarla e viverla nell’attuale periodo storico, nel quale il binomio “Marta-Maria” potrebbe oggi diventare simmetricamente per noi simbolo di “lavoro/affanno/rumore/stress - famiglia/amicizia/amore/silenzio” ?
Perché questa necessità di un’evidente contrapposizione tra due mondi/modi che in realtà dovrebbero armoniosamente coniugarsi per permettere alla persona di vivere e crescere, sviluppando le proprie capacità umane, i propri talenti che lo Spirito ha donato ad ogni essere umano e che la Parola del Signore ci insegna a valorizzare e non a sotterrare?
Eppure, il Vangelo stesso mette in evidenza il fatto che conciliare questo binomio è spesso difficile; e per l’uomo moderno potrebbe addirittura diventare impossibile.
Qui infatti sta il nocciolo del problema: nel timore cioè che non si parli più di “parte migliore o peggiore”, ma che la corretta relazione nei rapporti fra lavoro e famiglia, anche alla luce dei cambiamenti nello svolgimento della attività economica, si modifichi così radicalmente da non preservare e coltivare quella “parte migliore” che il Signore dice che non ci verrà tolta.
Eppure, proprio la Parola del Signore ci parla di “parte” che, in quanto tale, presuppone un’altra parte, un “resto”; il complesso dovrebbe formare l’unità dell’Essere.
E noi, quindi, che contributo possiamo dare alla ricerca di quest’unità ?
Oggi infatti, in un contesto economico globale, la nostra Marta (il mondo lavorativo) viene spinta – non certo solamente per la sua stessa sopravvivenza – a costruire ed alimentare un sistema sostenuto da una concorrenza sempre più globale e aggressiva, con l’obiettivo preminente, se non esclusivo, della massimizzazione del profitto. Il primo risultato di tale obiettivo è l’incremento ossessivo della produttività.
Di qui le caratteristiche di un lavoro che sconvolge il “tempo” - il tempo della vita, del passato, del futuro, del “sempre”, quale dono più prezioso della nostra vita: questo tempo che i greci si chiamavano “krònos”, proprio per distinguerlo da “kairòs”, il tempo fugace, opportuno, conveniente, la circostanza, l’occasione.
Di seguito, schematicamente, ecco le caratteristiche del nostro lavoro odierno, sempre più legato al “tempo-kairòs”, piuttosto che al “tempo-krònos”:
a) è svolto in una maniera sempre più rapida;
b) diventa sempre più complesso a fronte della continua evoluzione tecnologica;
c) richiede una continua flessibilità e disponibilità in termini sia spazio-temporali (viaggi, trasferimenti a tempo), che psicofisici (conversione professionale, mobbing, utilizzo spinto di macchinari/tecnologie)
d) invade più o meno silenziosamente il tempo dedicato al riposo, alla famiglia, alle amicizia, agli interesse personali.
Ormai, sempre più, nelle aziende private (ma il fenomeno comincia a estendersi anche a quelle pubbliche) sono stati violati spazi prima dedicati esclusivamente alla famiglia e ai rapporti personali. Esempi ricorrenti sono:
- gli intervalli di mensa, spesso saltati o impiegati in riunioni di lavoro o di formazione professionale (i “training lunch”);
- le ore serali (dopo le 19,00) sempre più impiegate per riunioni di lavoro (anche con l’uso di teleconferenze), anche talvolta a causa della diversità di fuso orario;
- le ore notturne, nelle quali sempre più spesso si deve svolgere attività lavorativa per il giorno seguente;
- i giorni festivi (con particolare riferimento alla domenica) e le ferie, nei quali si lavora lo stesso, magari attraverso l’uso di cellulari o di PC portatili, per rispondere alle pressanti esigenze della odierna attività economica.
Ovviamente il lavoro, nelle ore serali o notturne, nei giorni festivi o durante le ferie, complice spesso la tecnologia , “ruba” sicuramente tempo alla famiglia.
La cultura dominante non aiuta infatti nel trovare la giusta mediazione, portata com’è a ribadire l’importanza di valori come il successo sociale, il potere, la ricchezza materiake; in una parola ad affermare l’”avere”, come contrapposizione ad altri valori quali il rispetto della persona umana, la famiglia, l’amicizia, il donarsi agli altri; quello cioè che nel Vangelo di Luca viene simboleggiato da Maria (in una parola l’ “essere”).
Visto sotto questa luce l’episodio di Marta e Maria è illuminante.
Da una parte Marta è assorbita, tutta presa, affannata dal servizio. Unico suo obiettivo è fare le cose per bene e presto (in termini aziendali si potrebbe parlare di aumentare l’efficienza e la produttività).
Dall’altra parte c’è Maria unicamente presa dall’ascolto di Gesù. Unico suo obiettivo è la creazione e il mantenimento di un sano rapporto interpersonale di amicizia, che Gesù definisce “parte migliore”.
Con queste parole Gesù non intende, occorre dirlo con chiarezza, condannare il lavoro; Lui stesso ha invitato a “trafficare” i propri talenti, ha svolto il Suo lavoro di carpentiere, i Suoi apostoli e discepoli hanno lavorato (scrive S. Paolo: ”chi non lavora neppure mangi”). Nel disegno divino di redenzione l’uomo, attraverso la fatica del lavoro, contribuisce, seppure in una forma particolare, all’opera redentiva di Gesù. La professionalità ci permette di dare ai nostri fratelli il meglio di noi stessi come lavoratori, è un piacere e un obbligo, non una colpa.
Gesù con le parole “Maria ha scelto la parte migliore” condanna il lavoro nella misura in cui il lavoro stesso assorbe la totalità, o quasi, dell’esistenza di una persona, diventando un idolo a cui sottomettere tutte le altre dimensioni.
La “parte migliore”: il primato va - deve andare - al rapporto personale, che si manifesta e si costruisce principalmente nell’ambito familiare, per poi estendersi all’amicizia; ma questo rapporto è chiamato a svilupparsi anche nei rapporti con i colleghi e in tutti gli ambienti che frequentiamo per coltivare i nostri interessi personali.
Anche il Vangelo ci conferma e ci sostiene nel nostro impegno come a costruire una società fondata sul primato della persona e delle relazioni ad essa correlate.