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giovedì 12 aprile 2018

Il mio incontro con Dio Amore


Vi racconto un episodio che accadde a L’Aquila nell’estate
del 1967 e che cambiò la mia vita.
Allora diciannovenne studente di Giurisprudenza avevo conosciuto
nella mia parrocchia l’anno prima Guido Gliozzi, giovane
calabrese universitario di Medicina, vivace, allegro e sempre
pronto a donarsi agli altri. Ero pieno di ammirazione nei
suoi confronti specialmente per la sua capacità di far gruppo
con tutti e di saper creare sempre un’atmosfera di amicizia reciproca
in cui ognuno di noi si trovava a pieno agio.
Allorché chiesi a Guido i motivi di fondo di questa sua capacità
che pareva innata, mi rispose che lui non era stato sempre
così, che anzi il suo temperamento lo avrebbe portato a
chiudersi e a concentrarsi sugli studi; aveva però avuto modo
di iniziare una esperienza spirituale che lo aveva trasformato,
quella del Movimento dei Focolari (i cui componenti venivano
chiamati focolarini).
Nello stesso periodo conobbi altri focolarini, anche essi
estremamente aperti e buoni; mi colpiva soprattutto un particolare,
quando parlavi con uno di loro erano talmente assorbiti
da te che pareva non esistesse nessuna altra persona o cosa
in quel momento.
Con questi presupposti, quando nell’estate del 1967 mi
venne offerta la possibilità di andare in Mariapoli a L’Aquila,
non ebbi dubbi ed accettai convincendo anche altri due miei
amici della parrocchia, Adriano e Raffaele. La Mariapoli può
essere definita come l’incontro annuale dei focolarini, spiritualmente
significa vivere una esperienza meravigliosa di costruzione
della città di Maria, una città nella quale la regola di
vita è una sola: l’amore reciproco (ma questo ancora non lo sapevo
se non superficialmente, avendolo sentito dire da Guido,
adesso lo avrei provato!).
Con Adriano e Raffaele salimmo a Piazza della Repubblica
sul pulmann che ci avrebbe portato fino a L’Aquila. Arrivati lì ricordo
con chiarezza che appena fummo scesi, in mezzo a centinaia
di persone tutte sorridenti, ci si avvicinò un giovane (ma più
grande di noi, sui 30-35 anni), che ci chiese il nostro nome e poi
ci salutò con un gran bel sorriso: «Ciao Giuseppe, ciao Raffaele,
ciao Adriano, benvenuti in Mariapoli, io sono Giovanni».
Subito dopo la doccia fredda; Giovanni ci comunicò che
il nostro viaggio non era finito, che i giovani come noi non
avrebbero dormito a L’Aquila bensì avrebbero dovuto proseguire
fino a San Demetrio, un paesino abruzzese a qualche decina
di chilometri da L’Aquila. Avremmo ogni giorno fatto su
e giù fra L’Aquila e San Demetrio, partecipando agli incontri a
L’Aquila e dormendo a San Demetrio.
La notizia non ci entusiasmò ma Giovanni ci disse il tutto
con una tale amabilità che accettammo senza problemi.
Dopo un’oretta di pulmann, arrivammo a San Demetrio,
dove tutti noi giovani fummo radunati in un vecchio convento
abbandonato. Andammo nella nostra camerata a posare la valigia
e a preparare il letto, subito dopo fummo chiamati per la
cena. La cena fu un bel momento, veramente si assaporava una
serena atmosfera di amicizia.
Dopo cena, erano circa le 21,00, con Adriano e Raffaele
decidemmo di fare una breve passeggiata. San Demetrio era
un paese con poche centinaia di abitanti, offriva scarse attrattive
così, dopo un’oretta di passeggiata e simpatica conversazione
fra amici di lunga data, tornammo al nostro convento
che trovammo però…chiuso!!!
Inutili furono tutti i nostri tentativi di farci aprire, bussammo
alla porta (non c’era alcun campanello), gettammo dei
sassolini verso le finestre, niente, nessuna risposta, probabilmente
tutti, spossati dal lungo viaggio, erano andati a dormire
pesantemente.
Fu un momento congiunto pieno di sorpresa e di rabbia,
ma non ci perdemmo d’animo; saremmo andati a dormire in
un albergo o in una pensione e l’indomani ci avrebbero sentiti,
altro che amore al prossimo e focolarini!!!
Erano solo le 22,00 ma non c’era nessuno per la strada a
cui chiedere qualche informazione, San Demetrio era proprio  un
paese deserto e, per di più, dopo un’oretta di girovagare ci
rendemmo perfettamente conto che non c’erano né alberghi,
né pensioni…
L’unica cosa da fare (e per fortuna era agosto!!), fu quella di
continuare a passeggiare per il paese fino alla mattina; fra l’altro
l’attesa snervante era resa ancora più irritante dall’orologio del
campanile della chiesa che scandiva tutti i quarti d’ora.
Finalmente alle 6,00 di mattina, riuscimmo a tornare in
convento. Io ero infuriato, ricordo che rimisi in fretta tutta la
roba in valigia, con la ferma decisione, una volta rientrato a
L’Aquila, di ripartire per Roma. Non volevo più sentir parlare
dei focolarini.
Ma a L’Aquila mi attendeva qualcosa di straordinario e
meraviglioso, uno di quegli eventi imprevisti che segnano l’anima
e la vita di una persona.
Appena scesi dal pulmann, incontrammo ancora una volta
Giovanni che ci salutò con tanto calore: «Ciao Giuseppe,
ciao Adriano, ciao Raffaele».
Un lampo mi fulminò la mente e l’anima. No, non era
possibile che Giovanni ricordasse i nostri nomi fra quelli delle
centinaia di persone che aveva incontrato il giorno precedente,
non poteva essere un fatto solo mnemonico, c’era dell’altro,
qualcosa di diverso ma molto importante e stimolante, e dovevo
scoprirlo.
E a L’Aquila in quei giorni scoprii che Giovanni ricordava
i nostri nomi perché lui vedeva Gesù in ognuno di noi e Gesù
lo si ama tanto che non lo si può dimenticare.
Ma scoprii anche tante altre cose, che Dio è Amore (e non
il vecchio giudice con la barba bianca che mandava all’inferno
o al paradiso) e ama immensamente ognuno di noi, che Gesù
non è morto ed è ora soltanto nei cieli, ma è in mezzo a noi
ogni volta che ci riuniamo nel Suo nome e che ci amiamo come
Lui ci ha amati, che ogni dolore può essere vinto e trasformato
se lo leghiamo al dolore di Gesù che muore sulla croce,
abbandonato anche dal Padre, ma che vince il Male e risorge.
Scoprii anche che noi cristiani non siamo solo singole persone,
ma siamo immersi nel Corpo Mistico di Gesù, quasi che
tutti i Gesù presenti in ognuno di noi formassero un grande
Corpo di Gesù. La Chiesa, in cui ognuno di noi ha una funzione
unica e insostituibile.
E infine scoprii Chiara Lubich, fondatrice del Movimento
dei Focolari, quella che posso considerare una mia seconda madre,
perché ha contribuito alla nascita di un altro Giuseppe.